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Deus regit mundum
Capitolo I, «Des révolutions», ovvero un salto nel paradosso teologale. «Nous sommes tous attachés au thrône de l’Etre suprême par une chaîne souple, qui nous tient sans nous asservir»: legati da catene invisibili, siamo liberi «sous la main divine», al centro d’una sfera variabile; l’«eternel geomètre» muove, estende, restringe, arresta le volontà, lasciandole intatte. Elegante vaniloquio, quale rimane nella seconda metafora, dell’orologio i cui meccanismi mutino continuamente in forza, peso, forma, e tuttavia indichi l’ora, infallibile. La diavoleria francese risulta inesplicabile nelle solite chiavi causali. «Non vi capisco niente», confessa l’osservatore: gli avvenimenti smentiscono le previsioni più sicure; ogni cosa riesce ai malvagi, «tandis que le bon parti est malheureux et ridicule» qualunque mossa tenti; uomini da poco eseguono imprese colossali, portati dalle circostanze; volevano&…