Il silenzio degli Stati sulla nuova Corte penale internazionale

Nessun commento sull’insediamento del nuovo Prosecutor della Corte penale internazionale e nessun ringraziamento per i 9 anni di lavoro svolto dalla Procuratrice uscente. Una disattenzione che tradisce qualche ipocrisia sul riconoscimento del ruolo dei giudici dell’Aja da parte di molti attori della comunità internazionale, ancora sordi sulla tutela dei diritti umani.

Un silenzio imbarazzante

Tranne qualche rara eccezione, rimasta comunque isolata nel bailamme della comunicazione tradizionale e digitale, è passata pressocché inosservata la notizia dell’insediamento del nuovo Prosecutor della Corte penale internazionale (CPI/ICC) Karim Asad Ahmad Khan, che ha prestato giuramento solenne il 16 giugno scorso. Invero, particolari rilievi mediatici non erano stati registrati neppure all’atto della nomina, formalizzata il 12 febbraio scorso, all’Assemblea dei 123 Stati Parte dello Statuto della ICC, dopo circa sei mesi di non facili mediazioni e senza raggiungere l’auspicato consensus di tutti i votanti, che pure era stato conseguito con i predecessori, l’argentino Luis Moreno Ocampo e la gambiana Fatou Bensouda. La votazione, avvenuta a scrutinio segreto, aveva visto 72 voti a favore del designato Karim Khan, un avvocato britannico specializzato in Human Rights, conosciuto a livello internazionale per aver lavorato per l’accusa nei tribunali penali internazionali per crimini commessi nelle guerre nell’ex Jugoslavia e durante il genocidio ruandese, ma anche per avere difeso Saif al-Islam Gheddafi e per avere diretto sino ad oggi la Commissione d’inchiesta dell’Onu sui crimini dell’Isis. 42 voti erano andati all’irlandese Fergal Gaynor, 5 voti allo spagnolo Carlos Castresana, 4 all’italiano Francesco Lo Voi, attuale Procuratore della Repubblica di Palermo.

Il saluto del Prosecutor uscente

Salvo verifiche dell’ultima ora, non sembra che al nuovo Prosecutor siano pervenuti messaggi di rallegramenti di qualcuno dei Capi di Stato e di Governo dei 123 Stati Parte, che pure avrebbero avuto occasione di esprimerli simbolicamente, per esempio, nel corso dei più recenti vertici del G7, del G20, ma anche della Nato. E ancora più grave sembra – e si vuole ancora confermare qui la più ampia disponibilità ad essere smentiti, se così non fosse – quella forma di scortesia istituzionale che deve segnalarsi nell’assenza di un qualsiasi messaggio di ringraziamento nei confronti della Procuratrice uscente. Si tratta di Fatou Bensouda, una donna coraggiosa che ha condotto importanti processi e ottenuto la condanna dei nuovi criminali di guerra in ben 9 anni di attività, venendo ripagata da minacce esplicite e da un clima intimidatorio, culminato nell’executive order per “ingerenza” e “minaccia alla sicurezza nazionale” del Presidente Trump e nella v…

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani gappisti compiva l’attentato di via Rasella, a cui il giorno dopo gli occupanti tedeschi risposero con la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Un legittimo atto di Resistenza a cui fece seguito un massacro deliberato. Eppure, nell’Italia attuale, in cui una parte non solo della società ma anche delle istituzioni non si riconosce nei valori e nell’eredità dell’antifascismo, tali eventi sono ancora oggetto di contesa. La ricostruzione della storica Michela Ponzani non lascia però spazio a nessuna tendenziosa ambiguità.

L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

L’Egitto è un Paese al collasso in cui, oltre alla povertà endemica, fra gli abitanti cova ancora sotto la cenere il fuoco della rivoluzione. Gli accordi stretti con il governo italiano servono ad Al Sisi per cercare di mantenere il controllo, ma rischiano per molti versi di peggiorare la situazione del Paese. L’Europa, in questo quadro, prosegue con la sua solita politica miope: pretendere di fermare i flussi umani favorendo le dittature e i loro metodi violenti e persecutori.