25 aprile, le parole sono importanti

No, non può essere la "Festa della Libertà" (Berlusconi). Quelli di Salò non sono "ragazzi" (Violante), non hanno combattuto "per ideali sbagliati" e non sono "vinti" ma collaborazionisti, rastrellatori, torturatori.

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Corre l’anno 2009: il 25 aprile è ricordato dalle massime cariche dello stato tra le macerie del devastante terremoto che ha colpito l’Abruzzo. A Onna, frazione de L’Aquila, l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con il fazzoletto tricolore dei partigiani al collo dichiara “I tempi sono maturi perché la Festa della Liberazione ‘diventi festa di libertà’. La resistenza è un valore “fondante della Costituzione” ma bisogna avere rispetto per tutti i combattenti, fossero essi partigiani o repubblichini, perché questo non vuol dire essere neutrali”. Berlusconi non è nuovo a reinterpretazioni sui generis del significato dell’anniversario della vittoria sul fascismo. Negli anni precedenti ha addirittura disertato le celebrazioni ufficiali o parlato di “festa divisiva”. Nel 2009, con la responsabilità del governo sulle spalle, l’ex Cavaliere si limita ad optare per la formula “festa di libertà”. Un cambio di registro solo apparente, che segna l’ennesimo capitolo dell’opera di demolizione dei valori resistenziali iniziata col tramonto della Prima Repubblica.

L’equiparazione di partigiani e repubblichini, sciaguratamente inaugurata dallo scranno della presidenza della Camera da Luciano Violante nel 1996 – suo il primo uso pubblico dell’espressione “ragazzi di Salò – è il punto di inizio retorico di un’azione che punta all’azzeramento di distanze e differenze tra il moto che ha portato alla costruzione dell’Italia repubblicana e democratica e quello che invece ha tentato tra il 1943 e il 1945 di mantenere in vita l’Italia violenta e totalitaria.

Questo processo ha avuto proprio nelle parole il fulcro della propria azione demolitiva. Opera che si è sviluppata su più livelli ed è stata portata avanti sia da certa letteratura che da certa politica.

Accanto alla diluizione sistematica del linguaggio utilizzato per descrivere l’anniversario, come accade a Onna nel 2009, si assiste a una estesa campagna di depotenziamento del significato stesso degli avvenimenti ricordati il 25 aprile e delle espressioni utilizzate per descriverli.

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani gappisti compiva l’attentato di via Rasella, a cui il giorno dopo gli occupanti tedeschi risposero con la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Un legittimo atto di Resistenza a cui fece seguito un massacro deliberato. Eppure, nell’Italia attuale, in cui una parte non solo della società ma anche delle istituzioni non si riconosce nei valori e nell’eredità dell’antifascismo, tali eventi sono ancora oggetto di contesa. La ricostruzione della storica Michela Ponzani non lascia però spazio a nessuna tendenziosa ambiguità.

L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

L’Egitto è un Paese al collasso in cui, oltre alla povertà endemica, fra gli abitanti cova ancora sotto la cenere il fuoco della rivoluzione. Gli accordi stretti con il governo italiano servono ad Al Sisi per cercare di mantenere il controllo, ma rischiano per molti versi di peggiorare la situazione del Paese. L’Europa, in questo quadro, prosegue con la sua solita politica miope: pretendere di fermare i flussi umani favorendo le dittature e i loro metodi violenti e persecutori.