Il 25 aprile e il valore della partecipazione

Dalle “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana” la lezione dei giovani e giovanissimi partigiani che hanno contribuito a liberare l’Italia dal regime nazifascista e dalle ideologie insinuatesi nelle teste e nei cuori di molti italiani.

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La Resistenza fu una lotta combattuta con le armi e con le idee. I nemici erano più di uno, non soltanto visibili e denotabili fisicamente. Erano prima di tutto i nazifascisti, certamente. Ma erano anche una ideologia e un abito mentale e di vita che nei vent’anni di regime fascista si erano insinuati nelle teste e nei cuori di molti e molte in Italia. In questo senso, la Resistenza designa una condizione permanente di attenzione e monitoraggio sulla condizione politica di una comunità di cittadini. Dimenticarsi della politica, tralasciare di occuparsene come se fosse un lavoro per e di esperti è stata una delle condizioni che hanno reso il fascismo un regime duraturo.  

Nel documento forse più importante della guerra di liberazione e della lotta antifascista, Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943 – 25 aprile 1945) emerge eloquentemente la consapevolezza che, proprio per una coltivata indifferenza alla cosa pubblica, sarebbe stato complicato (è complicato) liberarsi dal fascismo e invigilare sull’attitudine (alimentata dal fascismo) verso la politica di menefreghismo e di connivente e superficiale indifferenza.  

Erano giovani e giovanissimi i resistenti che, imprigionati nelle carceri dei nazifascisti in attesa dell’esecuzione, scrivevano a parenti e ad amici consegnando a chi restava un testamento di vita per il futuro: le loro paure, le loro convinzioni, le loro speranze, il loro insegnamento di cittadini in armi. Tra le lettere, ne scelgo una che parla in maniera sorprendentemente fresca e vera a noi oggi, sul valore e il significato della politica contro lo svilimento della ideologia antipolitica, di quel modo ancora popolare tra noi di pensare che la politica debba essere un affare (non edificante) dei politici, dovendo noi ordinari cittadini occuparci delle nostre questioni private, del lavoro e della carriera. Come se occuparsi di politica non sia in effetti occuparsi delle condizioni di vita, della nostra dignità di persone. 

La lettera che prop…

Orlando Figes e la copertina di Storia della Russia

Orlando Figes: “La società russa non coincide né con i miti di Putin, né con gli schemi dell’intelligencija liberale”

“Storia della Russia. Mito e potere da Vladimir II a Vladimir Putin” di Orlando Figes racconta in che modo la propaganda e il regime di Stato riscrivono la storia della Russia in base ai miti del potere, presentandola in questo modo sia ai russi, sia al mondo esterno. Ma la società russa, spiega lo studioso in questa intervista, non coincide con lo Stato né con la sua propaganda. E però, come dimostrano il protagonismo contadino durante i secoli e l’esperienza rivoluzionaria del 1917, nella sua autodeterminazione democratica non coincide neanche con il modello liberale e occidentalista auspicato dall’intelligencija, la quale a sua volta sconta uno scollamento sempre più forte dalla società.

Gli (infruttuosi) tentativi vaticani di contrastare l’ateismo

Fra i nemici principali della Chiesa cattolica c’è certamente l’ateismo, che i diversi papi – da Pio XII fino a Francesco – hanno cercato di combattere con strade diverse: facendo leva sui Paesi fuori dall’Europa, identificando nel comunismo ateo il male o tentando la strada del dialogo come nel caso del Cortile dei Gentili del cardinale Ravasi. Ma le strategie si sono rivelate tutte inefficaci.

Governo Sánchez in Spagna. Sánchez e Iglesias alla Moncloa

In Spagna si gioca il futuro della sinistra europea

Nonostante anni molto complicati, fra crisi pandemica e guerra, il governo Sánchez in Spagna, sostenuto esclusivamente da forze di sinistra, ha dimostrato che è possibile realizzare politiche progressiste, a vantaggio delle fasce più deboli della popolazione. Un bilancio.