Usa: a 60 anni dai Freedom Rides. Una svolta cruciale del movimento per i diritti civili

Nel maggio del 1961 alcuni coraggiosi attivisti neri e bianchi salirono a bordo di autobus di linea verso gli Stati del profondo Sud per infrangere la segregazione razziale. Un processo irreversibile si mise così in moto.

“Negli ultimi giorni e ore della mia vita, voi mi avete ispirato”. Con queste parole John Lewis, icona del movimento dei diritti civili, nel giugno dello scorso anno, poco prima di morire per una malattia incurabile, lasciava il suo testimone di combattente non violento per i diritti umani, civili e politici al movimento Black Lives Matter. Per 33 anni rappresentante democratico al Congresso per la Georgia, Lewis chiamava good troubles il “mettersi nei guai” infrangendo leggi ingiuste con azioni non violente: “guai” che nella sua vita avevano significato decine di arresti e pestaggi violentissimi. Era uno studente di 21 anni quando il 4 maggio 1961, con altri dodici volontari, bianchi e neri, uomini e donne, dopo un addestramento alle tecniche di resistenza nonviolenta, salì a bordo di un autobus delle linee Greyhound sulla tratta Washington-New Orleans e, insieme agli altri, si sedette senza rispettare la rigida segregazione razziale dei posti stabilita dalle leggi “Jim Crow”. 

Fu il primo Freedom Ride, un viaggio teso a dimostrare come gli Stati del Sud – che l’autobus avrebbe attraversato – non applicassero le recenti sentenze della Corte Suprema (Morgan v. Virginia, 1946; Boynton v. Virginia, 1960) che avevano sancito l’incostituzionalità della segregazione sui mezzi di trasporto pubblico interstatali e nei servizi nelle sale d’attesa dei terminal. Fu il primo viaggio “per la libertà” organizzato dal Congress of Racial Equality (CORE, un gruppo interrazziale di pacifisti cristiani) ad addentrarsi nel profondo Sud. Fondato da pochi anni, nel 1947 il CORE aveva promosso un viaggio della “riconciliazione”, ma non aveva raggiunto il Deep South. Quello del 1961 era un viaggio diverso, assai più pericoloso, i volontari lo sapevano. Era l’inizio del movimento dei Freedom Rides, una sessantin…

La libertà accademica negata dal fanatismo filo-israeliano tedesco. Intervista a Nancy Fraser

A Nancy Fraser è stato impedito di tenere un ciclo di conferenze all’Università di Colonia. Sebbene il tema designato fosse il lavoro nella società capitalista, alla filosofa è stato proibito di parlare per aver firmato la dichiarazione “Philosophy for Palestine”. Una violazione della libertà accademica frutto di quello che Susan Neiman ha definito il “maccartismo filosemita” della Germania, Paese in cui ormai ogni voce critica nei confronti di Israele viene messa sistematicamente a tacere.

Nuova questione morale: la sinistra e il fantasma di Berlinguer

A sinistra si continua a citare Berlinguer e a sbandierare il tema della questione morale. Ma i recenti fatti che hanno travolto la giunta regionale di Michele Emiliano ci ricordano che nel sistema Italia il marcio è diffuso ovunque, a partire dalle realtà locali. Non si può risanare tutto il sistema politico nel suo complesso ma a sinistra ci si può impegnare partendo da casa propria, cercando di costruire un nuovo autentico soggetto progressista anziché puntare ai “campi larghi”.