“Il politicamente corretto è l’oppio della democrazia”

Parla Yamina Oudai Celso, filosofa, autrice del saggio “Gli angusti limiti del politicamente corretto“ (Enrico Damiani Editore).

Yamina Oudai Celso, il suo libro è un’acuta analisi politico-culturale del politicamente corretto che, da sinistra, denuncia con forza “gli angusti limiti” e le derive di quella che anche lei, come altri, definisce una “ossessione” e una “dittatura”. Perché il politicamente corretto è un fenomeno così preoccupante? 
Nel mio libro sottolineo un dettaglio interessante per capire che cosa effettivamente sia il politicamente corretto. In un articolo pubblicato dal New York Times nel 1934 si parla di politically correct non nell’accezione che conosciamo, in auge nel mondo americano a partire dagli anni Cinquanta, ovvero come sinonimo di progressista e democratico. Si scrive che lo Stato tedesco era disposto a effettuare concessioni a beneficio di quei tedeschi ariani le cui opinioni fossero politicamente corrette. Un simile uso linguistico illustra come il politically correct non sia di per sé l’indizio di un orientamento progressista, ma sia invece un fenomeno che si produce ogni qualvolta si assuma una ortodossia ideologica di qualsiasi segno, una rigidità oltranzista di sinistra o di destra, e, indipendentemente dai contenuti, la si cristallizza come incontestabile. Oggi l’ossessione del politicamente corretto non si riscontra più soltanto nella politica e nel giornalismo ma anche nei contesti intellettuali e nelle università, luoghi dove per definizione dovrebbe essere possibile parlare di tutto e confrontarsi su tutto, senza pregiudizi. E invece, ad esempio, negli Stati Uniti accade che a uno studioso del calibro di Richard Dawkins non sia permesso di partecipare a una trasmissione radiofonica sull’islam perché accusato di islamofobia dalle comunità islamiche. Nel momento in cui la dittatura del politicamente corretto comincia a penetrare anche nei luoghi della cultura ci troviamo dinanzi ad un problema grave.  

Nel libro definisce il politicamente corretto un atteggiamento mentale bipartisan.  
Sì. Si ricade nel politically correct, ad esempio, quando si confonde il multiculturalismo con il pluralismo e si ritiene che in uno Stato democratico tutte le civiltà abbiano uguale diritto di cittadinanza, anche quelle che predicano l’assassinio di chi la pensa diversamente. È una perversione del politically correct ritenere che alcune manifestazioni di misoginia – quali i divieti che impediscono alle donne di abbigliarsi come preferiscono o di frequentare l’università e di istruirsi – invece di essere considerate un reato in quanto violazione di un diritto umano, siano scusate e giustificate quasi fossero l’espressione di una sorta di folklore locale praticato in numerosi Stati in cui l’islam è religione ufficiale. Ma c’è un’analoga perversione anche nel modo di ragionare degli antiabortisti teocon quando equiparano la donna che abortisce a un…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.