Il grande inganno dell’otto per mille

Ogni anno quasi un miliardo e mezzo di gettito fiscale viene ripartito tra lo Stato e 12 confessioni religiose secondo un meccanismo ingannevole di cui la maggior parte delle persone è all’oscuro. Un cortocircuito denunciato dall’Uaar con la campagna “Occhio per mille”.

Ogni anno, il dilemma dell’otto per mille. La quota di imposta sui redditi soggetti Irpef destinata allo Stato e a 12 confessioni religiose che hanno stipulato un’intesa con le nostre istituzioni. Milioni di contribuenti effettuano la propria scelta. Altri, invece, no. Ma i soldi partono ugualmente. Chi esprime un destinatario nella propria dichiarazione è, in media, il 42 per cento di coloro che versano le tasse. Il malloppo rimanente è ripartito in base alle preferenze espresse: i soggetti più votati prendono di più perché si dividono la fetta versata da coloro che non indicano. 

“Un meccanismo fondato sull’inganno perché la maggior parte delle persone che non palesano la scelta è inconsapevole di ciò che avviene”, esordisce così Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), organizzazione che da anni si batte contro la natura del contributo che, a suo dire, “foraggia le strutture religiose attraverso il gettito fiscale pubblico”. Il segretario dell’Uaar critica aspramente gli ingranaggi alla base della distribuzione dei fondi e sottolinea come il cortocircuito non venga aggredito dalle istituzioni. 

Nel 2014 la Corte dei Conti aveva affermato che l’otto per mille non rispetta “i principi di proporzionalità, volontarietà e uguaglianza”. E si era focalizzata sulle scarse informazioni fornite al cittadino sul funzionamento del gioco del mille. L’organo di garanzia è tornato più volte sulla questione. 

Il 

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.