Il grande inganno dell’otto per mille

Ogni anno quasi un miliardo e mezzo di gettito fiscale viene ripartito tra lo Stato e 12 confessioni religiose secondo un meccanismo ingannevole di cui la maggior parte delle persone è all’oscuro. Un cortocircuito denunciato dall’Uaar con la campagna “Occhio per mille”.

Ogni anno, il dilemma dell’otto per mille. La quota di imposta sui redditi soggetti Irpef destinata allo Stato e a 12 confessioni religiose che hanno stipulato un’intesa con le nostre istituzioni. Milioni di contribuenti effettuano la propria scelta. Altri, invece, no. Ma i soldi partono ugualmente. Chi esprime un destinatario nella propria dichiarazione è, in media, il 42 per cento di coloro che versano le tasse. Il malloppo rimanente è ripartito in base alle preferenze espresse: i soggetti più votati prendono di più perché si dividono la fetta versata da coloro che non indicano. 

“Un meccanismo fondato sull’inganno perché la maggior parte delle persone che non palesano la scelta è inconsapevole di ciò che avviene”, esordisce così Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar), organizzazione che da anni si batte contro la natura del contributo che, a suo dire, “foraggia le strutture religiose attraverso il gettito fiscale pubblico”. Il segretario dell’Uaar critica aspramente gli ingranaggi alla base della distribuzione dei fondi e sottolinea come il cortocircuito non venga aggredito dalle istituzioni. 

Nel 2014 la Corte dei Conti aveva affermato che l’otto per mille non rispetta “i principi di proporzionalità, volontarietà e uguaglianza”. E si era focalizzata sulle scarse informazioni fornite al cittadino sul funzionamento del gioco del mille. L’organo di garanzia è tornato più volte sulla questione. 

Il 

Israele, la memoria dell’Olocausto usata come arma

La memoria dell’Olocausto, una delle più grandi tragedie dell’umanità, viene spesso strumentalizzata da Israele (e non solo) per garantirsi una sorta di immunità, anche in presenza di violenze atroci come quelle commesse a Gaza nelle ultime settimane. In questo dialogo studiosi dell’Olocausto discutono di come la sua memoria venga impiegata per fini distorti, funzionali alle politiche degli Stati, innanzitutto di quello ebraico. Quattro studiosi ne discutono in un intenso dialogo.

Libano, lo sfollamento forzato e le donne invisibili

La disuguaglianza di genere ha un forte impatto sull’esperienza dello sfollamento di massa seguito alla guerra nel Libano meridionale. Tuttavia, la carenza di dati differenziati rischia di minare l’adeguatezza degli aiuti forniti e di rendere ancora più invisibile la condizione delle donne, che in condizioni di fuga dalla guerra sono invece notoriamente le più colpite dalla violenza e dalla fatica del ritrovarsi senza casa e con bambini o anziani a cui prestare cure.

Come il fascismo governava le donne

L’approccio del fascismo alle donne era bivalente: da un lato mirava a riportare la donna alla sua missione “naturale” di madre e di perno della famiglia, a una visione del tutto patriarcale; ma dall’altro era inteso a “nazionalizzare” le donne, a farne una forza moderna, consapevole della propria missione nell’ambito dello Stato etico; e perciò a dar loro un ruolo e una dimensione pubblica, sempre a rischio di entrare in conflitto con la dimensione domestica tradizionale. Il regime mise molto impegno nel disinnescare in tutti i modi questo potenziale conflitto, colpendo soprattutto il lavoro femminile. Ne parla un libro importante di Victoria de Grazia.