Giovani che parlano di indipendenza. Gli under 35 all’estero

Guardando da vicino i dati sulle condizioni occupazionali e retributive dei giovani in Italia si comprende bene perché molti dopo gli studi lascino il Paese. Rispetto alle tante storie che esplodono di tanto in tanto sui giornali e sui social, però, la realtà delle loro esperienze all’estero non gioca sui contrasti, sul bianco e il nero, sulle straordinarie condizioni di lavoro e di vita in cui sono immersi: si tratta di un lavoro di composizione continua e anche di perdita.

Da gennaio a dicembre 2019 – secondo il Rapporto Italiani nel mondo 2020 della Fondazione Migrantes – si sono iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) 257.812 cittadini italiani (erano poco più di 242 mila l’anno prima) di cui il 50,8% per espatrio, il 35,5% per nascita, il 6,7% per reiscrizione da irreperibilità, il 3,6% per acquisizione di cittadinanza, lo 0,7% per trasferimento dall’Aire di altro comune e, infine, il 2,7% per altri motivi. In valore assoluto, quindi, nel corso del 2019 hanno registrato la loro residenza fuori dei confini nazionali, per solo espatrio, 130.936 connazionali (+ 2.353 persone rispetto all’anno precedente). 

Numeri questi, fondamentali per leggere il fenomeno, ma che non tengono conto di chi sperimenta percorsi di mobilità transitorie e – per più di una ragione – decide di non iscriversi all’Aire. Molti giovani che abbiamo imparato a chiamare “expat” sono fra questi, giovani dunque che è difficile intercettare con la statistica ma che in vario modo sono stati raggiunti da ricerche e indagini che avvalorano la loro presenza massiccia oltre i confini nazionali. Per qualche motivo quello che fa clamore sono le storie di successo di chi, una volta inserito nel sistema della ricerca (i ricercatori sono i preferiti dalla stampa nazionale) o delle imprese, fa notare, in un’intervista che rimbalza in rete, che se fosse rimasto in Italia sarebbe ancora a collezionare lavoretti. E poi si passa ad altro. 

Le questioni legati alla mobilità sono invece ricche e complesse. Parlarne in termini negativi in un mondo che si vuole globalizzato e …

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani gappisti compiva l’attentato di via Rasella, a cui il giorno dopo gli occupanti tedeschi risposero con la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Un legittimo atto di Resistenza a cui fece seguito un massacro deliberato. Eppure, nell’Italia attuale, in cui una parte non solo della società ma anche delle istituzioni non si riconosce nei valori e nell’eredità dell’antifascismo, tali eventi sono ancora oggetto di contesa. La ricostruzione della storica Michela Ponzani non lascia però spazio a nessuna tendenziosa ambiguità.

L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

L’Egitto è un Paese al collasso in cui, oltre alla povertà endemica, fra gli abitanti cova ancora sotto la cenere il fuoco della rivoluzione. Gli accordi stretti con il governo italiano servono ad Al Sisi per cercare di mantenere il controllo, ma rischiano per molti versi di peggiorare la situazione del Paese. L’Europa, in questo quadro, prosegue con la sua solita politica miope: pretendere di fermare i flussi umani favorendo le dittature e i loro metodi violenti e persecutori.