Su uno dei tavoli più importanti d’Italia sono accatastati faldoni veramente pesanti. Novantanove plichi, stando alle stime elaborate al 31 marzo, che racchiudono il futuro industriale e produttivo del Paese. Scartoffie, alcune, impolverate da anni e altre, invece, scarabocchiate frettolosamente con l’inchiostro del Covid-19. Bekaert, Industria Italiana Autobus, ex-Alcoa e Forall Confezioni Spa sono alcuni dei titoli in grassetto sui dossier. Al Ministero dello Sviluppo economico, il termine “crisi” è una sigla stampata a fuoco sulle trabeazioni in marmo della sede di Roma.
Cinquantadue procedure con un afflato nazionale, per aziende con oltre 200 dipendenti, e quarantasette dentro gli steccati regionali. Altre storie, invece, neanche riescono ad assieparsi su quel tavolo: imprese con 15 o 20 dipendenti, colpite dalla scure pandemica, il cui peso farebbe scricchiolare le gambe nodose dello sviluppo tricolore. Come riferisce il rapporto dei metalmeccanici del sindacato Cisl che indica nella siderurgia, automotive, elettrodomestici e aeronautica, i 4 settori più piallati dai focolai di crisi. Circa 56 mila lavoratori sono nel guado, mentre il giorno fatidico dello sblocco dei licenziamenti – una delle tranche ipotizzate dal Governo è il 30 giugno – si avvicina. Mordendo gli scampoli di luce dell’estate.
Il 29 maggio, la vice-ministra Alessandra Todde ha contato ottantanove vertenze “attualmente in carico” al dicastero, con la chiusura di alcune vicende in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Lazio. Numeri, comunque, lontani dagli sfarzi del 2020 – 144 crisi a giugno e 120 ad agosto – ma esemplificativi dell’eterno stato di emergenza in cui galleggia il sistema economico. A marzo di quest’anno, i sindacati avevano preteso attenzioni da parte del Ministro Giancarlo Giorgetti, con richieste esplicite di intervento immediato per il dramma occupazionale alle porte. Il tempo stringe. Il dicastero, dal canto suo, ha plasmato un