Una vita a impatto zero / Prima puntata (PODCAST)

Per anni si è parlato di raccolta differenziata come se fosse l’unico gesto virtuoso che il singolo potesse fare per tutelare l’ambiente. C’è chi invece da tempo porta avanti un’altra battaglia, a monte: quella della riduzione totale del rifiuto. Giada Pari ci accompagna in un viaggio all’interno dell’ecosostenibilità con modelli di business virtuosi e testimonianze dirette.

Negli ultimi anni l’ecosostenibilità pare sia diventata una moda, un grido che si leva a più voci e campeggia spesso su cartelloni pubblicitari, spot tv o sulle etichette di prodotti da supermercato e non solo. Ad accompagnare ogni nuovo fenomeno che nasce arriva il relativo neologismo, che in questo caso è stato preso in prestito dalla lingua inglese: greenwashing, nato dalla crasi di green, verde, e whitewashing, imbiancare e quindi in senso lato nascondere qualcosa. Nascondere sotto l’etichetta green prodotti che in realtà non lo sono affatto. Di esempi di questo tipo è ricco il nostro mercato, tanto che diverse aziende sono state multate dall’Antitrust per messaggi fuorvianti e che non corrispondevano alla realtà dei fatti.

Se si guarda però l’altro lato della medaglia si vede un Paese sempre più in fermento e guidato da uno spirito di cambiamento, trainato dalle nuove generazioni, che sta poco alla volta permeando il nostro tessuto. 

È così difficile oggi, con il nostro stile di vita sempre più frenetico, in città sempre più alienanti, fare un passo indietro e provare a essere parte attiva nel cambiamento? La risposta è no perché attorno a noi la realtà sta cambiando. In questa prima puntata di “Vita a impatto zero” ascolteremo le testimonianze di chi ha deciso di cambiare rotta e di chi su questo cambiamento ha investito sogni e futuro, realizzando la prima rete al mondo di negozi sfusi.

Ascolta “Vita a impatto zero / Prima puntata” su Spreaker.

Israele, la memoria dell’Olocausto usata come arma

La memoria dell’Olocausto, una delle più grandi tragedie dell’umanità, viene spesso strumentalizzata da Israele (e non solo) per garantirsi una sorta di immunità, anche in presenza di violenze atroci come quelle commesse a Gaza nelle ultime settimane. In questo dialogo studiosi dell’Olocausto discutono di come la sua memoria venga impiegata per fini distorti, funzionali alle politiche degli Stati, innanzitutto di quello ebraico. Quattro studiosi ne discutono in un intenso dialogo.

Libano, lo sfollamento forzato e le donne invisibili

La disuguaglianza di genere ha un forte impatto sull’esperienza dello sfollamento di massa seguito alla guerra nel Libano meridionale. Tuttavia, la carenza di dati differenziati rischia di minare l’adeguatezza degli aiuti forniti e di rendere ancora più invisibile la condizione delle donne, che in condizioni di fuga dalla guerra sono invece notoriamente le più colpite dalla violenza e dalla fatica del ritrovarsi senza casa e con bambini o anziani a cui prestare cure.

Come il fascismo governava le donne

L’approccio del fascismo alle donne era bivalente: da un lato mirava a riportare la donna alla sua missione “naturale” di madre e di perno della famiglia, a una visione del tutto patriarcale; ma dall’altro era inteso a “nazionalizzare” le donne, a farne una forza moderna, consapevole della propria missione nell’ambito dello Stato etico; e perciò a dar loro un ruolo e una dimensione pubblica, sempre a rischio di entrare in conflitto con la dimensione domestica tradizionale. Il regime mise molto impegno nel disinnescare in tutti i modi questo potenziale conflitto, colpendo soprattutto il lavoro femminile. Ne parla un libro importante di Victoria de Grazia.