Nel luglio di vent’anni fa, all’età di 92 anni, moriva Indro Montanelli, figura di primo piano del giornalismo italiano del Novecento. Da molti considerato come un giornalista dalla schiena dritta, intransigente e fautore del libero pensiero, Montanelli stesso si era costruito questa fama definendosi una voce libera e poco incline a seguire gli ordini di un “editore-padrone”. Addirittura, si racconta che nel 1987 egli strinse la mano ai suoi aggressori brigatisti, dopo essere stato gambizzato. Tale fama sembra aver appannato il giudizio di molti suoi lettori e seguaci, e ancora oggi si fa fatica a discutere in maniera critica e razionale l’eredità dei suoi scritti e del suo pensiero. Pensiamo al dibattito più o meno recente sull’opportunità di rimuovere la statua commemorativa di Montanelli a Milano: tutti i maggiori partiti si sono schierati in difesa del monumento (da Di Maio a Sala, fino ad arrivare ovviamente a Salvini e Meloni), mentre chi ha provato ad avanzare critiche a Montanelli (e al montanellismo) è stato accusato di voler faziosamente criminalizzare la libertà di pensiero e di espressione – che in Montanelli troverebbe il suo più grande difensore.
Perciò, questo articolo si propone non tanto di fare un processo post-mortem al giornalista toscano. Al contrario, l’intento è quello di rendere onore al vero, mettendo in luce la reale portata del pensiero di Montanelli, ovvero mostrandone le incoerenze e smentendo le numerosissime falsità storiche su cui esso si basa. In un certo senso, questo articolo rende finalmente giustizia al montanellismo, riconoscendo senza mezzi termini quello che era il suo obiettivo fondamentale: la totale normalizzazione del fascismo – tramite la manipolazione di verità storiche e l’utilizzo di aneddoti e fallacie argomentative spacciate come buon senso. Quindi, qui non si forniranno punti di vista sulle varie polemiche intorno alla figura del giornalista, ma ci si limiterà a dimostrare come l’intero pensiero di Montanelli in ambito politico e sociale sia fondamentalmente inattendibile e ingannevole, e che egli non meriti la sconfinata fama di cui gode. Tutt’al più, si può considerarlo come un soldato che non ha mai smesso di combattere la sua battaglia per normalizzare il fascismo agli occhi degli italiani – battaglia nella quale ha regolarmente utilizzato armi quali disonestà intellettuale e alterazione dei fatti storici.
Montanelli e i crimini del colonialismo italiano
Cominciamo da quello che è uno dei punti più controversi e dibattuti sulla figura di Montanelli, sul quale è già stato scritto moltissimo (qui e qui un paio di esempi). Il motivo è semplice: il suo atteggiamento apologetico nei confronti del colonialismo italiano durante il ventennio fascista ha avuto effetti nefasti sulla memoria collettiva del nostro Paese, e ancora oggi è difficile scardinare le false convinzioni che derivano (anche) dalle falsità diffuse dal giornalista toscano.
Montanelli, infatti, fu una figura fondamentale per la costruzione del falso mito del “