Prendersi cura: il lavoro indispensabile

Non solo il lavoro di cura tradizionalmente inteso, ma il prendersi cura dei lavoratori, così come dell’ambiente e delle relazioni sociali, è sempre più indispensabile per la sopravvivenza.

La pandemia ha messo a fuoco, enfatizzandone la necessità e, per alcuni, acuendone le difficoltà di conciliazione con la prestazione lavorativa remunerata, il lavoro di cura che viene svolto quotidianamente in famiglia, nei confronti dei più piccoli o più fragili, ma anche verso adulti autosufficienti, come atto più o meno (spesso meno) di sostegno e attenzione reciproca. Un lavoro che è svolto in larga misura dalle donne in famiglia, come madri e mogli e, quando si tratta di bisogni di persone anziane fragili, anche figlie. Ma questo processo di messa a fuoco ed accentuazione non è avvenuto nello stesso modo per tutti, a parità di condizioni familiari. Non è avvenuto nello stesso modo e con la stessa intensità per gli uomini e le donne, non è avvenuto nello stesso modo per chi ha potuto lavorare a distanza e chi, se non ha perso il lavoro, ha dovuto lavorare in presenza.

La pandemia – e in particolare la fase del lockdown – ha, infatti, introdotto un nuovo tipo di disuguaglianza, ampiamente sottovalutata: quella tra le occupazioni che possono essere svolte a distanza, seppur con tutta la fatica del caso, e le occupazioni che possono essere svolte solo in presenza; categoria all’interno della quale si distinguono le professioni che – proprio per questa loro caratteristica – sono state soggette a chiusura (pensiamo ai settori della ristorazione, del turismo…) e quelle che sono rimaste in attività, con tutti i conseguenti pericoli rispetto al contagio. Mi ha colpito che, tra i lavoratori giustamente salutati come eroi (in particolare gli addetti alle professioni sanitarie) non ci si sia mai ricordati delle commesse dei supermercati o dei lavoratori della logistica o dei trasporti che hanno continuato a prestare servizio, in alcuni casi anche con una intensificazione dei carichi di lavoro, perché era più richiesto da noi consumatori, in mancanza di alternative.

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La libertà accademica negata dal fanatismo filo-israeliano tedesco. Intervista a Nancy Fraser

A Nancy Fraser è stato impedito di tenere un ciclo di conferenze all’Università di Colonia. Sebbene il tema designato fosse il lavoro nella società capitalista, alla filosofa è stato proibito di parlare per aver firmato la dichiarazione “Philosophy for Palestine”. Una violazione della libertà accademica frutto di quello che Susan Neiman ha definito il “maccartismo filosemita” della Germania, Paese in cui ormai ogni voce critica nei confronti di Israele viene messa sistematicamente a tacere.

Nuova questione morale: la sinistra e il fantasma di Berlinguer

A sinistra si continua a citare Berlinguer e a sbandierare il tema della questione morale. Ma i recenti fatti che hanno travolto la giunta regionale di Michele Emiliano ci ricordano che nel sistema Italia il marcio è diffuso ovunque, a partire dalle realtà locali. Non si può risanare tutto il sistema politico nel suo complesso ma a sinistra ci si può impegnare partendo da casa propria, cercando di costruire un nuovo autentico soggetto progressista anziché puntare ai “campi larghi”.