Tsunami sfratti. Una corsa contro il disastro

Con lo sblocco degli sfratti, insieme a quello dei licenziamenti, sempre più persone rischiano di ritrovarsi per strada, senza casa. Soltanto a Roma, questa estate, sono previsti 4.500 sgomberi. Un’emergenza che rischia di detonare in una vera e propria catastrofe sociale.

Sara, 42 anni, ha un contratto a tempo indeterminato in un’azienda che opera nel turismo. Con 1.200 euro al mese ha cresciuto le sue due figlie. Ha abitato in un appartamento in affitto a Roma, e ogni 30 giorni toglieva dal suo stipendio 700 euro per avere un tetto sopra la testa. Sara ha sempre lavorato per mantenersi, scontrandosi con le difficoltà che la vita pone quotidianamente: così il traguardo contrattuale ha alleggerito il carico di precarietà esistenziale a cui è stata aggiogata per diverso tempo. Non aveva preventivato, però, che un virus potesse colpire con tanta ferocia l’intero pianeta, mettendo in ginocchio l’industria del turismo di massa. Il Covid-19, dice, ha smantellato la sua serenità, pezzo dopo pezzo.

Sara non è il suo vero nome. Pretende l’anonimato per salvaguardare la dignità delle figlie, inconsapevoli del dramma che da mesi attanaglia la loro madre: il rischio di ritrovarsi per strada.

“Sono stata in cassa integrazione a maggio dello scorso anno. Avrei dovuto percepire il 45% del mio stipendio. Ho ricevuto, invece, soltanto due bonifici: uno da 400 euro e un altro da 600 euro”, raccontava lo scorso dicembre, quando la pandemia sbuffava sugli umori della classe politica e, di conseguenza, sulle scelte di Governo. Al telefono, la voce di Sara era strozzata dal pianto, uno sfogo di odio e frustrazione contro le istituzioni sorde alle sue richieste. “Non so dove andare a vivere. Ho paura, mi sento sola”. L’incubo di ritrovarsi a dormire in macchina le si palesava ogni notte.

Un solo termine è congeniale a racchiudere il coagulo di ansie, paure e lacerazioni che Sara ha patito. Al plurale rende meglio l’idea e la concretezza dell’azione: gli sfratti. Uno tsunami – è l’immagine evocativa concepita dal movimento di lotta per la casa – che si abbatterà (e tuttora la schiuma dei marosi è in ebollizione) sulle coste polverose della povertà abitativa. Il 3o giugno, avanti il primo scag…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.