A chi appartiene la tua vita? È una domanda che più retorica non si può. A chi vogliamo che appartenga? La vita appartiene a chi la vive. C’è forse altra possibilità?
Eppure per stabilire – e con molti paletti, per usare una brutta espressione – che si tratta di una domanda retorica sarà necessario un referendum.
Il 30 giugno scorso è iniziata infatti la raccolta delle 500 mila firme necessarie per chiamare gli italiani a esprimersi circa l’abrogazione di una parte dell’art. 579 del codice penale (risalente al periodo fascista ma tuttora in vigore) che di fatto, impedendo l’introduzione dell’eutanasia legale in Italia, stabilisce che la nostra vita non ci appartiene.
E il voto che avrà luogo potrà anche decidere che la nostra vita non ci appartiene. Perché la maggioranza potrebbe anche stabilire che non si tratta di una domanda retorica e che la risposta è diversa da quella che ho dato: la tua vita non appartiene a te, bensì alla Chiesa e alla morale della Chiesa.
Settantacinque anni di vita repubblicana non sono bastati a spingere uno dei tanti Parlamenti che si sono succeduti ad abrogare quella norma fascista. Prima del ventennio, dall’Unità d’Italia in poi, non c’era nessuna norma specifica che impedisse l’aiuto al suicidio e quel che succedeva in casi di eutanasia – in cui in genere era la persona più cara a rispondere alla richiesta di chi voleva porre fine alla propria vita – era che chi aveva prestato questo aiuto veniva accusato di omicidio ma nella maggior parte dei casi assolto (o condannato a pene irrisorie rispetto all’accusa) perché era palese che ci si trovasse di fronte non a un omicidio ma a un gesto d’amore nei confronti di una persona che chiedeva di non essere più torturata.
Un tema altamente conflittuale?
Si dice sempre che l’eutanasia è un tema altamente conflittuale. Ma si tratta di un paradosso. È un tema politicamente e socialmente altamente conflittuale. Tant’è vero che ci vorranno 500 mila firme solo per metterlo a dibattito. E, se si riuscirà a raccoglierle, assisteremo a discussioni accesissime, a campagne “per la vita” che cercheranno di colpevolizzare in ogni modo chi invece rivendica la libertà di scegliere il proprio fine vita.
Ma non dovrebbe essere un tema altamente conflittuale: se facessimo un esperimento e chiedessimo a un gruppo di persone se sul proprio fine vita preferirebbero avere la libertà di decidere oppure vorrebbero che decidesse un’altra persona che non conoscono e che potrebbe avere valori completamente diversi dai loro, nessuno sceglierebbe la seconda opzione. E non solo tra laici e non credenti. In tutti i (numerosi) dibattiti che ho intavolato con vescovi e cardinali su tale questione, h…