Strumenti di oppressione? In difesa dell’insegnamento dei classici

Molti insegnanti vorrebbero proteggere gli studenti dai libri e dalle opere d’arte impegnative o controverse. A persone così intolleranti può essere consentito di prendere il comando delle nostre scuole?

Qualche mese fa, Meghan Cox Gurdon, critica letteraria di libri per bambini del Wall Street Journal, denunciava in un articolo i rischi del movimento statunitense #DisruptTexts che, «usando una buona idea, vale a dire che i bambini dovrebbero avere accesso a libri con protagonisti di razze ed etnie diverse, ne promuove una perniciosa e cioè che ai bambini nuoccia il confronto con una letteratura classica che non si conforma alla sensibilità contemporanea su razza, genere e sessualità», e lanciava un grido d’allarme per il fatto che alcuni insegnanti negli Usa si oppongono all’insegnamento di Shakespeare nel timore che gli studenti possano essere feriti dalla violenza, dalla misoginia e dal razzismo delle sue commedie.

A partire da quell’articolo la rivista Salmagundi, del Skidmore College, ha aperto un simposio sul tema cui hanno contribuito, con interventi di segno diverso che rendono la complessità della questione, il professore di Inglese alla University of Virginia Mark Edmundson; la scrittrice Siri Hustvedt; il direttore di Salmagundi e docente di Inglese presso il Skidmore College Robert Boyers; e Rochelle Gurstein, autrice di The Repeal of Reticence. A History of America’s Cultural and Legal Struggles over Free Speech, Obscenity, Sexual Liberation, and Modern Art.

Dopo quelli di Mark Edmundson e Siri Hustvedt, pubblichiamo questa settimana l’intervento di Robert Boyers.

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A metà degli anni Sessanta, quando vivevo a New York, ho insegnato inglese al liceo per due anni. Avevo cinque o sei anni in più dei più anziani delle mie classi, ed ero commosso dal modo in cui alcuni di loro riuscivano a gestire gli impegnativi testi che studiavamo. Sebbene all’epoca fossi un attivista contro la guerra del Vietnam e invitassi gli studenti a leggere con me alcuni libri al di fuori del curriculum prescritto, ho dedicato la maggior parte del mio tempo in classe alle opere canoniche che il capo di dipartimento mi aveva indicato di insegnare. Queste includevano romanzi che io e gli studenti detestavamo (Silas Marner di George Eliot) e altri che amavamo (Racconto di due città e Grandi speranze di Dickens). Sebbene sapessi che i miei studenti sarebbero stati scoraggiati dai poeti americani che erano costretti a leggere (Whittier, Bryant, Longfellow), erano entusiasti, con rare eccezioni, di studiare Dickinson e Whitman, e grati quando ho introdotto di nascosto nel curriculum poet…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.