Dal “Libro bianco” al “Sostegni bis”: una sconfitta annunciata

Dal 2001 al 2021 la classe dominante del nostro Paese ha realizzato una vera e propria controrivoluzione per ridurre le conquiste sociali dei lavoratori. Ripercorriamo qui le tappe principali di un’offensiva pericolosamente avviata a perdurare nel tempo.

Quello dal 2001 al 2021 sarà il secondo “ventennio” che i lavoratori italiani ricorderanno ma, di sicuro, mai rimpiangeranno!

A beneficio di chi non ne ha mai compreso la reale natura o, piuttosto, mai compiutamente valutata la rilevanza politica, è opportuno ricordare che, nel nostro Paese, nel corso degli ultimi 20 anni, è stata realizzata una vera e propria controrivoluzione. 

Fu avviata, e si è consolidata nel tempo, quella che, con geniale intuizione ed altrettanta lungimiranza, il mai sufficientemente compianto Luciano Gallino1 avrebbe poi definito: “La lotta di classe dopo la lotta di classe”2.

Una tenace opera, condotta dalla classe dominante, tesa a contrastare, limitare e (possibilmente) ridurre le conquiste sociali della c.d. “classe media” e, soprattutto, della classe operaia.

Essa è stata condotta attraverso un lento ma inesorabile logorio che, sin dagli esordi, mirava, in particolare, a “destrutturare” la legislazione del lavoro – così come realizzatasi dopo anni di dure lotte e conquiste sindacali – riaffermare il potere datoriale, ledere le tutele dei lavoratori – attraverso il contenimento del loro potere contrattuale – e, soprattutto, ridimensionare il ruolo e il livello di rappresentanza delle tre maggiori organizzazioni sindacali.

In effetti, dopo l’inglorioso epilogo del primo governo Berlusconi3 e la sostanziale “parentesi” della XIII Legislatura (con i governi Prodi, D’Alema, D’Alema II e Amato II), è attraverso il Berlusconi II (dal maggio 2001 all’aprile 2006) – con il fascio-leghista Roberto Maroni4 ad occupare il prestigioso incarico cui avevano dato lustro personalità del livello di Giacomo Brodolini e Gino Giugni – che ebbero inizio le “grandi manovre” politiche, di concerto con quelle di parte datoriale, in particolare, confindustriali5, tese a (clamorosamente) smentire coloro i quali avevano immaginato che l’uomo di Arcore si sarebbe limitato ancora ad operare solo cicero pro doma sua!

Fu così avviata, tra il settembre e l’ottobre del 2001 – con il decreto legislativo che riformò i contratti a termine6 e, soprattutto, attraverso le “idee guida” contenute nel famigerato

Giù le mani dai centri antiviolenza: i tentativi istituzionalisti e securitari di strapparli al movimento delle donne

Fondamentale acquisizione del movimento delle donne dal basso, per salvarsi la vita e proteggersi dalla violenza soprattutto domestica, oggi i centri antiviolenza subiscono una crescente pressione verso l’istituzionalizzazione e l’irreggimentazione in chiave securitaria e assistenzialista. Tanto che ai bandi per finanziarli accedono realtà persino sfacciatamente pro-patriarcali come i gruppi ProVita o altre congreghe di tipo religioso.

Contro l’“onnipresente violenza”: la lotta in poesia delle femministe russe

Una nuova generazione di femministe russe, oggi quasi tutte riparate all’estero dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina, sta svelando attraverso un nuovo uso del linguaggio poetico il trauma rappresentato per le donne dalla violenza maschile, all’interno di una società patriarcale come quella russa che, con il pieno avallo dello Stato, ritiene lo spazio domestico e chi lo abita soggetti al dominio incontrastato dell’uomo. La popolarità della loro poesia e del loro impegno testimonia la reattività della società russa, nonostante la pesante militarizzazione.