Come noto, da mercoledì primo settembre, nello stato del Texas, è diventato sostanzialmente illegale praticare qualunque tipo di interruzione di gravidanza dopo sei settimane dal momento del concepimento.
Si tratta di un duro colpo per i diritti riproduttivi delle donne negli Stati Uniti, probabilmente il più importante attacco alla libertà di scelta sull’aborto in 48 anni.
La legge era stata confermata a maggio dal Governatore del Texas Greg Abbott, ed è entrata in vigore il primo settembre, dopo che la Corte suprema statunitense ha deliberato con cinque voti favorevoli e quattro contrari.
Nonostante la dubbia costituzionalità e il rischioso precedente, per i repubblicani si tratta di un importante successo strategico.
Molti Stati “rossi” avevano già provato a passare leggi che interferissero con il diritto all’interruzione di gravidanza, ma finora vi avevano solo posto degli ostacoli logistici – nella maggior parte dei casi attraverso la limitazione del numero di cliniche disponibili. La vera rivoluzione, se così vogliamo chiamarla, sta nella inaspettata decisione della Corte suprema.
Durante il XX secolo, quest’ultima ha avuto un ruolo fondamentale come arbitro nel determinare l’eguaglianza dei cittadini statunitensi agli occhi della legge. Tuttavia, le nomine dei suoi singoli membri – che ricoprono il loro ruolo a vita – sono sempre state un fatto puramente politico.
Quando un giudice della Corte viene a mancare o decide di ritirarsi, il Presidente in carica nomina un nuovo candidato, che viene poi approvato dalla Camera e dal Senato – a loro volta il risulta…