Migranti in trappola nella “prigione messicana”

Le immagini della polizia texana a cavallo che frusta i migranti che provano a passare il confine hanno acceso i riflettori sulla crisi migratoria tra Messico e USA. Ma, lontano dalle fotocamere, alla frontiera sud con il Guatemala, la situazione è addirittura peggiore. Intanto a Tijuana, tra le baraccopoli, spunta, scintillante, un nuovo stabilimento di Amazon. Perché le merci possono e devono arrivare là dove le persone non possono.

Non siamo noi che chiudiamo le frontiere, siete voi che siete poveri. Potremmo sintetizzare così la politica migratoria degli Stati Uniti di Joe Biden.

In piena crisi umanitaria lungo il confine sud, la polizia di frontiera texana ha usato cavalli e fruste per fermare le migliaia di persone (la stima è di circa 300mila) provenienti da Haiti che ormai da anni sono “intrappolate” in Messico dopo l’emigrazione di massa avvenuta in seguito al terremoto del 2010 e alla conseguente crisi economica e politica. Prima dell’accordo tra Andrés Manuel López Obrador e Donald Trump del giugno 2018 che ha trasformato, di fatto, la politica estera messicana in una sorta di clone di quella statunitense, arrivare in Messico da Haiti era relativamente semplice: gli haitiani ricevevano un permesso per entrare nel Paese per venti giorni e, da lì, puntavano verso gli Stati Uniti. Negli ultimi tre anni, però, il Messico ha iniziato una vera e propria deportazione degli immigrati, soprattutto haitiani, rimasti bloccati dal muro a stelle e strisce verso sud, verso il Guatemala. Ed è da lì che ricomincia ogni volta il viaggio della speranza verso gli Stati Uniti.

Lungo il confine nord è la polizia texana a fare il lavoro sporco, quello di gendarme della frontiera che ha bloccato ben diecimila persone – sono sempre stime – lungo il fiume Rio Grande, mentre il governo federale da un lato si dichiara “imbarazzato” per le frustate, mentre dall’altro porta a termine il lavoro, rimpatriando gli haitiani letteralmente catturati dagli agenti texani.

Biden. Trump. Obama. Bush. Clinton. Per chi ha provato a raggiungere da sud gli Stati Uniti il risultato è stato lo stesso, a prescindere dall’inquilino della Casa Bianca: un muro di reti, barriere metalliche, termo scanner a lungo raggio e migliaia di agenti della Border Patrol schierati per respingere o arrestare le persone che provano a passare il confine: i poveri.

Quello che è cambiata invece lungo quel confine è la possibilità di commerciare merci senza dazi doganali grazie al NAFTA, il trattato di libero commercio tra Messico, USA e Canada, entrato in vigore il 1° gennaio 1994, pochi mesi dopo la…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.