I conti dei maschi. I femminicidi e la dipendenza affettiva

La conciliazione impossibile fra maschilità “virile” tradizionale e dipendenza da una forma dissimulata ma necessaria di accudimento.

Con questo intervento di Stefano Bartezzaghi proseguiamo la riflessione aperta da Simona Argentieri sui fondamenti comuni alla base della violenza degli uomini contro le donne.


La parola femminicidio

Il giorno dopo un’abbondante nevicata si accumulano su giornali e social network commenti che fanno ironia sui timori per il riscaldamento globale. Se le temperature di terre emerse e mari si stanno rialzando tanto, come mai oggi a Cuneo fa tanto freddo? Con logica altrettanto carente, e in modo anche più subdolo, vengono trattati quei casi di cronaca nera (non ne mancano) in cui è una donna a uccidere un uomo per dimostrare che la categoria del “femminicidio” non è fondata.

Per quanto si tratti con ogni evidenza di modi di ragionare fallaci opporre dati statistici non basta a smentirli che superficialmente. È sempre così quando la convinzione si installa sulla solida piattaforma risultante dalla fusione di luoghi comuni e osservazioni empiriche miopi, quelle che dall’esperienza personale non si spingono oltre la testimonianza del cugino di primo grado. Il senso comune non si fonda su statistiche accertate commentate da esperti, bensì su credenze che riposano su sensazioni e pregiudizi, a cui l’opinione pubblica può essere riportata anche da una semplice battuta. Qualsiasi esperto in qualsiasi materia almeno una volta si è sentito rispondere alle proprie pazienti spiegazioni, da parte di un profano: “Avrai anche ragione ma io resto convinto della mia idea”.

Non tutti i luoghi comuni sono infondati: il seguente è per esempio verissimo, quasi tautologico: “da che mondo è mondo ci sono uomini che uccidono donne, donne che uccidono uomini, maschi che si uccidono fra loro, donne che si uccidono fra loro: questo è il luogo comune”. Tutti i luoghi comuni sono però – ed è un’ironia della logica – “inclusivi”: per loro natura generalizzano, tengono assieme tutto, acquietano le coscienze. La cronaca intanto seguita a macinare i suoi casi e le donne continuano a morire all’interno (o all’immediato esterno) di relazioni intime, famigliari. Ci abitueremo prima alla frequenza dei casi o alla ricorrenza della parola che suona, si dice, “cacofonica”? Perché appare esserlo più di parole simili, come “tirannicidio” o “infanticidio”? Pensiamo persino al tritume di consonanti di “fratricidio”: la parola risulta però incontestata, come del resto le altre. La cacofonia è infatti questione d’abitudine: i delitti di Caino, Erode e Bruto ci hanno reso avvezzi s…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro, la sinistra si è appiattita su posizioni monetariste e ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.