Il massacro di Parigi e il razzismo di Stato contro gli algerini

La notte del 17 ottobre 1961 a Parigi la polizia aggredì un imponente corteo disarmato e pacifico di algerini. Centinaia furono i morti e migliaia i feriti, culmine parossistico di una violenza di Stato organizzata nei mesi e negli anni precedenti. Una ferita tutt’ora aperta.

«Quello che è accaduto è un massacro. Questa è la parola. Nella mia memoria ciò che più mi colpisce è che non sento che un rumore, il rumore dei bastoni sulle teste, sui corpi. Il tonfo secco dei bastoni che si abbattono sui corpi disarmati. Con Jean-Philippe ci siamo trovati gli unici due in piedi nella strada, con un branco di poliziotti che picchiavano, che picchiavano come boscaioli. Non si sentiva neanche urlare. All’angolo di rue Serpente vedo il mio amico Jean-Philippe in piedi, le mani nelle tasche, che grida “assassini” e si fa subito circondare da quattro poliziotti finché un graduato intima: “i bianchi no”».

Così l’editore militante François Maspero ricordava il massacro del 17 ottobre 1961, intervistato trent’anni dopo nel documentario di Mehdi Lallaoui Il silenzio del fiume (1991). Quella notte, a Parigi, nell’indifferenza quasi generale, si consumò la più grave repressione poliziesca e razzista di una manifestazione nella storia dell’Europa del secondo dopoguerra. La polizia aggredì sistematicamente e preventivamente un corteo disarmato e pacifico di algerini, con un bilancio impressionante: centinaia i morti e i dispersi, migliaia i feriti, 11 mila i fermi.

Il terrore di Stato del prefetto Papon

Per capire l’evento e il silenzio che l’ha avviluppato nei decenni successivi occorre allargare lo sguardo al contesto: l’esplosione del 17 ottobre non è infatti il risultato di circostanze eccezionali e fortuite ma il culmine parossistico di una violenza di Stato organizzata nei mesi e negli anni precedenti, nel quadro dell’aspra guerra che i francesi conducono dal 1954 contro gli indipendentisti algerini del Fronte di liberazione nazionale (Fln).

Sul territorio della métropole, la polizia francese ha infatti importato le tecniche di gestione dell’ordine pubblico messe a punto in Algeria e le categorie coloniali sono correntemente utilizzate per inquadrare i 350 mila algerini che vivono in Francia. Benché ufficialmente francesi a tutti gli effetti, il sistema di cittadinanza differenziale li categorizza come «nord-africani» o «indigeni».

Questi lavoratori vivono in condizioni di estrema povertà, concentrati soprattu…

Eugène Ionesco e la nostra buffa esistenza

Il 28 marzo 1994 moriva il grande drammaturgo rumeno Eugène Ionesco. Ricordarne la figura e il teatro significa riscoprire il fascino per la sua oscurità buffa, che ci mette di fronte alle nostre esistenze, strabilianti e atroci al tempo stesso, ridicole e tragiche, in cui non c’è la luce di un Dio infinito ad illuminare la via, non c’è speranza o fede ma solo la ricerca del senso in questo costante non senso.

Il Brasile di Lula a sessant’anni dal golpe militare

Nel sessantesimo anniversario del golpe militare in Brasile che inaugurò una lunga dittatura, hanno suscitato indignazione e polemiche le parole dell’attuale Presidente Lula che ha dichiarato di non voler “rivangare il passato”. Una posizione respinta con sdegno dai parenti delle vittime della dittatura: “ripudiare con veemenza il golpe del 1964 è un modo per riaffermare l’impegno a punire i colpi di Stato anche del presente e scongiurare eventuali tentativi futuri”.