Il Progetto Fori: un’altra idea di Roma

Decenni di malgoverno hanno portato Roma al collasso. Una rinascita della città potrebbe partire dal progetto urbanistico e sociale che vide Antonio Cederna fra i principali sostenitori: la rimozione di via dei Fori Imperiali e la creazione di un parco archeologico urbano.

Speciale Antonio Cederna a cento anni dalla nascita

Qualche settimana fa, durante un’iniziativa elettorale in vista del primo turno delle elezioni del Sindaco di Roma, il Ministro della Cultura Franceschini ha testualmente affermato: “L’integrazione tra Foro Romano e Fori Imperiali? Grida vendetta che tutto si sia fermato. Bisogna rimettere in moto sinergie e forme di integrazione. Poi c’è un lavoro da fare sull’area che va da piazza Venezia, che non può essere aiuola spartitraffico e dove arriverà la nuova stazione della metro C in stile Louvre, a Palatino, Palazzo Rivaldi e Colle Oppio”. Siamo a fine settembre 2021 e dopo oltre 40 anni “l’elefante nella stanza” dell’archeologia e, assieme, dell’urbanistica romana, rimane il famoso Progetti Fori. L’idea di destinare l’area archeologica centrale di Roma, liberandola dalla cesura littoria di via dei Fori Imperiali (l’ex via dell’Impero), a parco archeologico urbano a disposizione di tutti i cittadini e i visitatori della capitale che vide Antonio Cederna fra i principali sostenitori.

È il 21 dicembre 1978 quando Adriano La Regina, Soprintendente archeologo di Roma, denuncia il drammatico stato dei monumenti archeologici dell’area centrale a Roma, corrosi dal cancro dei marmi a causa dell’inquinamento provocato dal traffico. Dalle pagine del Corriere, Antonio Cederna riprende l’appello del Soprintendente e lo inserisce da subito in un progetto più vasto di risistemazione dell’area centrale, riprendendo una precedente idea di Leonardo Benevolo del 1971.

Nel 1979 esce Mussolini urbanista, l’unica monografia di Cederna che costituisce la premessa, sotto il profilo dell’analisi storiografica, al progetto Fori: con la consueta prosa sarcastica, da sempre sua cifra stilistica, Cederna ricostruisce, nel volume, le iniziative urbanistiche – per lo più sventramenti – realizzate dal fascismo a Roma, negli anni ‘30, fra le quali, appunto, la costruzione di via dell’Impero, definita dall’autore “un’operazione antistorica, antiurbanistica, antisociale, antiarcheologica per eccellenza”. Anzi, nella ricostruzione dell’autore via dell’Impero diventa il vero e proprio emblema del “rifiuto di ogni cultura urbana” e del “disprezzo per la storia e le esigenze degli uomini” che avevano contraddistinto il ventennio fascista. Come noto, la via fu voluta da Mussolini stesso per collegare direttamente Piazza Venezia al Colosseo: dall’autunno 1931, in pieno delirio romanistico e in un solo anno, fu costruita la strada “diritta come la spada di un legionario”, distruggendo per sempre, oltre che il colle della Velia con lo splendido giardino di Palazzo Rivaldi, interi isolati medioevali e rinascimentali, decine di migliaia di metri cubi di materiali archeologici e deportando migliaia di abitanti delle case distrutte nelle squallide borgate periferiche.

Lungo via dell’Impero si svolgeranno le parate del regime, fra le quali quella famosissima del maggio 1938, svoltasi alla presenza di Hitler, ma anche nel dopoguerra, per lunghi decenni, la ferita di via dei Fori Imperiali riuscirà a degradare le vestigia dell’impero romano, come scriverà Cederna, “a quinta e fondale decorativo del traffico motorizzato” e a trasformare il Colosseo in una sorta di spartitraffico fuori scala. Nel Mussolini urbanista, lucidissima – e in anticipo su molte delle più conosciute ricostruzioni storiografiche successive – è l’analisi del carattere posticcio e velleitario del revival di Roma antica da parte del fascismo: la pretesa continuità dell’impero littorio rispetto a quello romano assume infatti, nella definizione cederniana, una valenza di “rito medianico, barbaro, vitalistico e macabro”.

Nel maggio 1980, con un decreto che diventerà la legge Biasini (n. 92/1981) il governo assegna un finanziamento straordinario di 180 miliardi di lire per provvediment…

Eugène Ionesco e la nostra buffa esistenza

Il 28 marzo 1994 moriva il grande drammaturgo rumeno Eugène Ionesco. Ricordarne la figura e il teatro significa riscoprire il fascino per la sua oscurità buffa, che ci mette di fronte alle nostre esistenze, strabilianti e atroci al tempo stesso, ridicole e tragiche, in cui non c’è la luce di un Dio infinito ad illuminare la via, non c’è speranza o fede ma solo la ricerca del senso in questo costante non senso.

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Nel sessantesimo anniversario del golpe militare in Brasile che inaugurò una lunga dittatura, hanno suscitato indignazione e polemiche le parole dell’attuale Presidente Lula che ha dichiarato di non voler “rivangare il passato”. Una posizione respinta con sdegno dai parenti delle vittime della dittatura: “ripudiare con veemenza il golpe del 1964 è un modo per riaffermare l’impegno a punire i colpi di Stato anche del presente e scongiurare eventuali tentativi futuri”.