La cura, primo segno di civiltà

Poco riconosciuta economicamente, nonostante la pandemia ci abbia mostrato la sua centralità, la cura è da sempre considerata “lavoro da donne”. Con conseguenze profonde sulla segregazione professionale. E se l’allarme sulla necessità di un aumento delle donne nei settori scientifici risuona da anni, altrettanto non si può dire rispetto all’assenza degli uomini dai settori umanistici (e dal lavoro di cura).

La crisi sanitaria e sociale causata dalla pandemia Covid-19 ha avuto forti ripercussioni sul mercato del lavoro dell’Unione europea. Economia e salute sono due dimensioni di un’unica “faccenda”, un legame che la pandemia ha evidenziato con grande forza.

La rapidità devastante con cui la Covid-19 si è diffusa segna un’altra questione ineludibile, collegata alla prima: quella dell’interconnessione del pianeta. Eppure, nella gestione pandemica, ogni Stato «ha puntato a proteggere i capitali o la salute dei lavoratori, a seconda delle priorità dei governi, con conseguenze sia sulla diffusione mondiale del virus che sulle nostre vite»[1].

Nonostante le misure emergenziali adottate a sostegno dell’occupazione e del reddito, a farne maggiormente le spese sono state le donne. A febbraio 2021 i dati Istat ci dicevano che nel solo mese di dicembre 2020, di 101 mila posti di lavoro andati persi nel nostro Paese, 99 mila erano occupati da lavoratrici donne[2]. Ma dov’è che lavoravano queste donne?

L’Istituto europeo per la parità di genere (Eige) ci offre alcuni dati su cui ragionare[3].

Le donne, come noto, sono sovra rappresentate nei cosiddetti settori della cura e dei servizi. Tendenze legate a stereotipi che vedono le donne più portate per questi tipi di lavoro. Secondo indagini dell’Eurobarometro[4], anche se le famiglie stanno sperimentando nuovi tipi di equilibri domestici, il 44% degli europei pensa ancora che il ruolo più importante per una donna sia quello della cura di casa e famiglia, e il 43% che la cosa più importante per un uomo sia portare a casa lo stipendio.

In un ulteriore approfondimento[5], l’Istituto europeo per la parità di genere riporta che sono circa 49 milioni le lavoratrici e i lavoratori impiegati nei settori della cura nell’Unione europea, e di questi il 76% sono donne. Dato che, per quanto elevato, è probabilmente inferiore alla realtà considerato che una quota di lavoro in questi settori resta sommersa, soprattutto se parliamo di assistenza domestica, la cosiddetta “cura informale”, che nell’Ue rappresenta l…

La libertà accademica negata dal fanatismo filo-israeliano tedesco. Intervista a Nancy Fraser

A Nancy Fraser è stato impedito di tenere un ciclo di conferenze all’Università di Colonia. Sebbene il tema designato fosse il lavoro nella società capitalista, alla filosofa è stato proibito di parlare per aver firmato la dichiarazione “Philosophy for Palestine”. Una violazione della libertà accademica frutto di quello che Susan Neiman ha definito il “maccartismo filosemita” della Germania, Paese in cui ormai ogni voce critica nei confronti di Israele viene messa sistematicamente a tacere.

Nuova questione morale: la sinistra e il fantasma di Berlinguer

A sinistra si continua a citare Berlinguer e a sbandierare il tema della questione morale. Ma i recenti fatti che hanno travolto la giunta regionale di Michele Emiliano ci ricordano che nel sistema Italia il marcio è diffuso ovunque, a partire dalle realtà locali. Non si può risanare tutto il sistema politico nel suo complesso ma a sinistra ci si può impegnare partendo da casa propria, cercando di costruire un nuovo autentico soggetto progressista anziché puntare ai “campi larghi”.