È ingenuo credere che l’industria bellica sia quella che produce in senso stretto “armi”, quelle a cui ci hanno abituati il cinema e la letteratura: cannoni, mitragliatrici, bombe, aerei e navi da guerra. In realtà, è un sistema molto più complesso che comprende tutte le leve del marketing (il marketing stesso è nato dalla guerra),[1] dalla progettazione alla distribuzione, fino alla pubblicizzazione presso gli “utenti finali”, cioè gli apparati decisionali degli stati, attraverso think tank, cioè iniziative “didattiche” di formazione e aggiornamento, con una grande attività convegnistica anche di tipo accademico, e gruppi di opinione guidati da politici corrotti. Vista in questa prospettiva, l’industria bellica non solo produce le armi ma produce la guerra stessa, che serve a vendere quelle armi, a smaltirle e poi ancora aggiornarle, nel circolo virtuoso di un’economia pressoché perfetta.
Il business della guerra è talmente fiorente che la ricerca scientifica più avanzata ne è parte integrante e produce tecnologie che solo in seconda battuta hanno un utilizzo nella nostra vita quotidiana e forse servono anche a giustificare l’esistenza di quella ricerca. Ovviamente, forse proprio per evitare questo genere di ragionamenti, non circola alcuna informazione sui nuovi strumenti bellici che la ricerca continua a sfornare e spesso perfino chi opera in quel settore non è nemmeno consapevole della finalità dei progetti cui sta lavorando: gli scienziati sono relativamente in buona fede nel loro lavoro e i governi che investono fondi incredibilmente ricchi si premurano di dividere i progetti in un numero sufficiente di segmenti affinché nessuno degli scienziati che lavorano su una singola parte possa arrivare ad avere una “visione d’insieme” e risalire così alla vera finalità del progetto.
Anni fa ebbi modo di intervistare una scienziata italiana, Chiara Daraio, marchigiana, che presso il Caltech di San Diego in California, aveva sviluppato i “proiettili sonori”: un nuovo sistema per concentrare con precisione onde sonore verso un bersaglio grazie all’uso di “lenti acustiche”. Nessuno, nemmeno la nostra scienziata, potrebbe rendersi conto che l’invenzione tesa a fornire alla chirurgia un nuovo strumento rivoluzionario, difficilmente non troverà anche un utilizzo bellico, poiché si inserisce nel grande ramo di ricerca per la realizzazione di armi a onde sonore che va avanti dagli anni ‘70. Oggi quel ramo di ricerca ha prodotto nuovi strumenti per il controllo sociale: una nuova generazione di tecnologie antisommossa basate su cannoni acustici ed elettromagnetici la cui commercializzazione ha già raggiunto alcuni paesi de…