Il doppio abisso di Dostoevskij

Nel bicentenario della nascita di Fëdor Dostoevskij (11 novembre 1821), proponiamo da MicroMega 5/2002 un’analisi del rapporto tra filosofia e libertà nelle opere del grande scrittore russo.

1. «Semenza di altri mondi» sono le idee per Dostoevskij. Vengono da un altrove celeste e cadono in terra. A seconda di quel che trovano, fioriscono o muoiono oppure sopravvivono in forma stravolta. Tra queste idee una su tutte, attuale e inattuale allo stesso tempo, sembra tentare la filosofia: l’idea di bellezza e anzi l’idea che «la bellezza salverà il mondo».

Dostoevskij la trova nel cuore della teologia che ispira la pittura d’icone, a sua volta basata su una metafisica d’impianto neoplatonico per cui la bellezza non solo rivela l’ordine divino dell’universo, ma lo rivela come riscattato da se stesso e cioè nella libertà piena e infinita del suo manifestarsi. Insomma, Dostoevskij sostiene il nesso intimo e profondo di verità e bellezza – con buona pace di Nietzsche che volentieri avrebbe «riempito di bastonate» il filosofo che avesse riproposto quell’idea. Però la sottopone a una specie di verifica sperimentale, che consiste nel saggiare la sua resistenza dopo che sia stata fatta oggetto d’ironia o di sarcasmo o magari d’una fede impossibile. Procedimento tipicamente dostoevskiano, questo. È il principe Myškin, il protagonista dell’Idiota, a sostenere la tesi della bellezza che salva il mondo. Ma non è dalla sua bocca che l’apprendiamo. Bensì dalla bocca di un suo sosia crudele e tormentoso: il giovane nichilista Ippolìt. Il quale domanda: «È vero, principe, che una volta diceste che il mondo sarà salvato dalla bellezza?».

C’è rispetto, nelle parole di Ippolìt, e non si può neppure dire che a lui interessi non tanto ottenere una risposta quanto sottolineare l’improbabilità della tesi. Nessuna supponenza, in quelle parole, e neppure una malcelata incredulità. Però che sia lui a pronunciarle, lui che ha solo poche settimane di vita e ha deciso di trascorrere il tempo che gli resta nella sua stanza, un miserabile buco senza luce che affaccia su un muro tetro (che altro dovrebbe fare se non abbandonarsi a quella totale assenza d’orizzonte? come sopportare lo spavento e l’angoscia che lo opprime, se non acconsentendovi?), ebbene, questo fatto da solo sprigiona un’acuta dissonanza e nelle parole di Ippolìt non sembra più possibile riconoscere le parole del principe, benché siano le stesse, almeno a giudicare dal muto assenso che le accoglie. Come precipitate in una pozza torbida e ghiacciata, quelle parole luminose non hanno più alcun senso. Ma, come ferito dal silenzio, Ippolìt incalza: «Quale bellezza salverà il mondo?». Ed è…

Tutto il potere agli arraffatutto: la Costituzione tradita

La Costituzione italiana indica la strada del regionalismo come una possibile attuazione di politiche solidali, per garantire a tutti i cittadini il godimento dei diritti fondamentali. L’ipotesi di autonomia differenziata che oggi culmina con il DDL Calderoli ma è stata avviata dai governi di sinistra con la riforma del titolo V della Costituzione fonda invece un regionalismo competitivo e accaparratore, che rischia di disgregare interamente l’unità della Repubblica italiana e della sua cittadinanza.

Un attacco ad ampio raggio ai diritti di tutti

Dalla creazione di una scuola diseguale fino alla morte delle contrattazioni nazionali, che di fatto rinnegherebbero l’articolo 1 stesso della Costituzione, l’autonomia differenziata è un attacco ad ampio raggio ai diritti dei cittadini. Gli allarmi sono stati sollevati da più parti eppure la macchina si è messa in moto e bisogna capire come fermarla.

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Scuola: un “organo costituzionale” fatto a pezzi

La Costituzione promuove il pieno sviluppo della persona umana e la scuola riveste un compito fondamentale nel porne le basi. Ma qualora l’Autonomia differenziata diventasse realtà si creerebbe un sistema scolastico diverso in ogni Regione che configurerebbe cittadini di serie A e cittadini di serie B.