Salvare il parlamentarismo dalla sua attuale controfigura

La provocazione di Giorgetti sul “semi-presidenzialismo di fatto” ha generato una discussione non all’altezza della gravità delle parole del ministro. Per salvare il nucleo parlamentare della Repubblica non bastano appelli generici o denunce morali. Occorre compiere alcuni passi normativi. Ecco quali.

Le dichiarazioni di Giorgetti sul “semi-presidenzialismo di fatto” hanno generato un acceso dibattito, rivelatosi, prevedibilmente, non del tutto all’altezza della gravità delle parole del ministro. Ci sono (state) due tipologie di risposta a questa provocazione. La prima, contraria, si appoggia sull’argomento della deriva autoritaria e del vulnus democratico; la seconda, essenzialmente convergente con Giorgetti, conferma la volontà di un semi-presidenzialismo de facto senza riforma costituzionale: la presenza di Draghi, e non di altre figure, è essenziale per dare forza a questa prospettiva.

Vorrei qui cercare di spiegare in che modo questi due atteggiamenti e risposte alla provocazione di Giorgetti non solo siano sbagliate, ma siano allo stato attuale del tutto complementari: due facce della stessa medaglia.

Ora, come ha detto Paolo Mieli in un intervento al programma Piazzapulita, le affermazioni di Giorgetti non sono tanto prescrittive, quanto descrittive della situazione istituzionale italiana degli ultimi decenni. È effettivamente proprio così. Com’è noto ormai da tempo, dalla fine della prima Repubblica, e in sostanza dalla fine del regime dei partiti, il Quirinale ha giocato un ruolo essenziale negli equilibri di potere anche esecutivo.

Qui c’è da fare una premessa: il Presidente, da precetto costituzionale, al di là di tutte le altre funzioni che non sono qui tema di analisi, ha sempre avuto la facoltà di formare l’esecutivo, nominare i ministri (tra cui il primo ministro) e sciogliere le camere.

Queste funzioni riconosciute erano presenti tecnicamente anche nella Prima Repubblica, ma è indubbio che, all’epoca, erano i partiti – con i loro complessi equilibri e in forza di un consenso popolare relativamente solido – a decidere in ultima istanza le compagini di governo e a “concorrere a determinare la politica nazionale”, come recita l’articolo 49 della Costituzione.

Negli ultimi tre decenni – con l’eccezione della parentesi e del tentativo di bipolarismo centro-sinistra/centro-destra – la funzione del Quirinale è rimasta la stessa ma è cambiata di sostanza e di qualità effettiva. Il Presidente della Repubblica – da Ciampi sino a Mattarella passando per Napolitano – ha rappresentato molto di più della semplice funzione di garante e arbitro. Questo cambiamento qualitativo del ruolo del Quirinale non può essere misurato sulla base di riscontri legali (non c’è stata alcuna riforma che ne abbia mutato le funzioni), bensì sul piano essenzialmente politico ed effettuale o, meg…

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani gappisti compiva l’attentato di via Rasella, a cui il giorno dopo gli occupanti tedeschi risposero con la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Un legittimo atto di Resistenza a cui fece seguito un massacro deliberato. Eppure, nell’Italia attuale, in cui una parte non solo della società ma anche delle istituzioni non si riconosce nei valori e nell’eredità dell’antifascismo, tali eventi sono ancora oggetto di contesa. La ricostruzione della storica Michela Ponzani non lascia però spazio a nessuna tendenziosa ambiguità.

L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

L’Egitto è un Paese al collasso in cui, oltre alla povertà endemica, fra gli abitanti cova ancora sotto la cenere il fuoco della rivoluzione. Gli accordi stretti con il governo italiano servono ad Al Sisi per cercare di mantenere il controllo, ma rischiano per molti versi di peggiorare la situazione del Paese. L’Europa, in questo quadro, prosegue con la sua solita politica miope: pretendere di fermare i flussi umani favorendo le dittature e i loro metodi violenti e persecutori.