Caso Moro, la Dc non è innocente

Dalla nuova edizione critica de “Il Memoriale di Aldo Moro” emerge con forza la responsabilità di una scelta politica: quella di lasciare che il presidente della Democrazia cristiana, rapito dalle Brigate Rosse, scomparisse dalla scena politica anche a costo di annientare la sua stessa vita.

L’analisi de Il Memoriale di Aldo Moro proposta da un gruppo di autorevoli studiosi coordinati da Michele Di Sivo** dimostra che il trascorrere del tempo ci offre nuovi orizzonti di interpretazione, rende più lucida la consequenzialità degli eventi, riporta la ricostruzione fattuale alla sua essenzialità. Toglie molto ma restituisce profondità agli eventi.

Questo importante lavoro, che giunge in un momento del lungo corso del ‘caso Moro’ nel quale si può tentare di riannodare qualche filo, ha innanzitutto il merito di dare o ridare oggi la giusta centralità agli scritti del presidente della Dc nell’intero dramma che lo ha visto protagonista e vittima: non che non fosse chiaro prima – Sergio Flamigni, Francesco M. Biscione e Miguel Gotor avevano a lungo riflettuto su quel difficile testo ed estrapolato da esso fondamentali riflessioni – ma la nuova esegesi pone con forza gli scritti al centro dell’interpretazione della dinamica del caso, cioè dà ad essi più valore investigativo di quanto (oggi) ne abbiano altri capitoli della vicenda.

Dopo il fallimento della prima Commissione istituita nel novembre del ‘79 e la preziosa e sterminata raccolta di informazione della seconda, quella ‘sulle stragi’, l’ampia istruttoria svolta dalla Commissione parlamentare della XVII Legislatura guidata da Giuseppe Fioroni ci consegna notevoli elementi di conoscenza, anche se nella sua Relazione finale smonta (le ricostruzioni fasulle)ma non svela (nuove verità). Non ha buttato giù il muro, ma solo (e non è poco) il Memoriale Morucci che ha costruito la verità ufficiale, in gran parte profondamente ‘ritoccata’, manipolata.

  1. La paradossale inversione di ruoli

Il lavoro di esegesi svolto dall’equipe di Di Sivo interviene su un testo difficilissimo, mutilato, apparentemente muto e frammentato che ci pone di fronte a una paradossale inversione di ruoli.

Moro in prigione appare libero di esprimersi – <<ringrazio le Br per la libertà che mi offrono>> – i sequestratori hanno le chiavi della prigione ma sembrano loro stessi in ‘rinchiusi’, impelagati in una operazione che non riescono proprio a controllare.

L’uomo della Dc, “il meno compromesso”, si trova in uno spazio compresso e ristretto nel quale diventa trasgressivo rispetto alla sua storia. Non è libero, certo: e non nel senso di una costrizione a scrivere cioè che vogliono i suoi carcerieri – Il Memoriale di Aldo Moro dice una parola definitiva su questo – ma Moro, che ha dedicato la sua vita alla Dc – come dice nel discorso ai parlamentari del 28 febbraio 1978 – decide di pre…

Eugène Ionesco e la nostra buffa esistenza

Il 28 marzo 1994 moriva il grande drammaturgo rumeno Eugène Ionesco. Ricordarne la figura e il teatro significa riscoprire il fascino per la sua oscurità buffa, che ci mette di fronte alle nostre esistenze, strabilianti e atroci al tempo stesso, ridicole e tragiche, in cui non c’è la luce di un Dio infinito ad illuminare la via, non c’è speranza o fede ma solo la ricerca del senso in questo costante non senso.

Il Brasile di Lula a sessant’anni dal golpe militare

Nel sessantesimo anniversario del golpe militare in Brasile che inaugurò una lunga dittatura, hanno suscitato indignazione e polemiche le parole dell’attuale Presidente Lula che ha dichiarato di non voler “rivangare il passato”. Una posizione respinta con sdegno dai parenti delle vittime della dittatura: “ripudiare con veemenza il golpe del 1964 è un modo per riaffermare l’impegno a punire i colpi di Stato anche del presente e scongiurare eventuali tentativi futuri”.