Il Pnrr? Non democratico e poco trasparente

Niente progetti green, assenza di partecipazione, cittadini non considerati e il mondo dell’accademia messo ai margini. Nicoletta Parisi – coordinatrice di LIBenter, osservatorio sul Pnrr promosso da Università Cattolica, Cnel, Fondazione Etica e Libera – denuncia: “Se nella scrittura del Piano non c’è stata partecipazione, nell’esecuzione cosa accadrà?”.

“Già dalla pubblicazione della bozza provvisoria del 6 dicembre 2020 ci siamo resi conto che nel Pnrr c’erano molte cose che non andavano, da progetti che di verde e transizione green non avevano niente, tagliati su misura per le grandi imprese energetiche che utilizzano materiale fossile, alla sostanziale assenza di partecipazione della società civile nella fase della sua scrittura”. Incontriamo Nicoletta Parisi, docente di Diritto e politiche di contrasto alla corruzione interna e internazionale dell’Università Cattolica, nel suo studio all’interno dell’ateneo. Per sei anni membro del Consiglio dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), è coordinatrice di LIBenter, acronimo di “Italia BEne comune Nuova Trasparente Europea Responsabile”, un’iniziativa di Università Cattolica, Cnel, Fondazione Etica e Libera e che vede tra i partner ASes, Openpolis, ISTeA, Osservatorio civico Pnrr, Gran Sasso Science Institute, Rinascimento Green, Monithon, Cittadini reattivi e Università di Torino. In quel momento, ci spiega la professoressa Parisi, “ci siamo resi conto della necessità di impegnarci per vedere rispettato il regolamento dell’Unione europea 241 del 2021, in particolare al suo articolo 18, numero 4, lettera Q”.

Lo cita a memoria. Lo riportiamo per esteso.

Il piano per la ripresa e la resilienza dev’essere debitamente motivato e giustificato. Esso deve presentare in particolare i seguenti elementi: (…) q) per la preparazione e, ove disponibile, l’attuazione del piano per la ripresa e la resilienza una sintesi del processo di consultazione, condotto conformemente al quadro giuridico nazionale, delle autorità locali e regionali, delle parti sociali, delle organizzazioni della società civile, delle organizzazioni giovanili e di altri portatori di interessi e il modo in cui il piano per la ripresa e la resilienza tiene conto dei contributi dei portatori di interessi.

Riassunto: ascolto delle comunità territoriali e dei cittadini e tenuta in conto delle loro istanze. In una parola: partecipazione. Non farla “è una chiara scelta politica”. La domanda è quindi: “Se nella scrittura non c’è stata partecipazione, nell’esecuzione cosa accadrà?”.

“Il nostro lavoro di valutazione del Pnrr è iniziato un anno fa, e fin da subito abbiamo fatto presente questo problema al Governo” spiega Parisi. “Davanti a noi c’era un’esigenza etica e giuridica: far partecipare i cittadini alla fase esecutiva del Pnrr”. Non un semplice esercizio di stile però, ma una necessità: “Far sentire la pubblica amministrazione sotto la lente dei cittadini”. Motivo: “Rendere meno opachi i processi di adempimento di riforma e i progetti di investimento”.

Da qui la nascita di LIBenter, un “cantiere permanente” si legge nella descrizione, in realtà un vero e proprio osservatorio sul Pnrr. Tre gli obiettivi: garantire un uso rapido, efficiente ed efficace delle risorse destinate al Pnrr nazionale; assicurare piena trasparenza nell’esecuzione del Pnrr, sviluppare e diffondere un controllo sociale diffuso esercitato dai cittadini, nel quadro di un diritto di cittadinanza sostanziale, responsabile, fondato sulla conoscenza. Il tutto “in un contesto”, quello offerto dall’Università Cattolica, “grazie a un gruppo di lavoro competente a elaborare un modello scientifico di valutazione dei contenuti del Pnrr”.

Democrazia monitorante

O sapremo evolvere verso una forma di Governo in cui ciascuno contribuisce alla cura del bene comune anche vigilando le risorse collettive (la scelta sul loro impiego e il loro effettivo utilizzo) oppure, come cittadini, ci troveremo relegati ad ambiti di partecipazione sempre più angusti, meno determinanti e pressoché inutili, a vantaggio di un ristretto numero di “esperti” che decidono per noi.

Professoressa Parisi, qual è a suo avviso la maggiore criticità dell’attuazione del Pnrr?
Di fatto, la costruzione di un’amministrazione parallela, con norme sui contratti pubblici parallele a quelle ordinarie. Il Piano nazionale ripresa e resilienza terminerà tra cinque anni, nel 2026. Il rischio, per quella data, è di trovarci con una struttura, nella quale sono stati investite ingenti risorse e formate professionalità, che andrà a morire. E, qualora si decidesse di non farla morire, ci sarà un importante aggravio di costi per lo Stato, senza che all’attuale Pubblica amministrazione sia stata data l’opportunità di professionalizzarsi.

La sensazione è che si stia replicando il modello “Protezione civile”, simil commissari straordinari, grandi fondi che arrivano a pioggia senza un controllo. Perché questa mancanza di trasparenza a suo avviso?
C’era fretta. Fretta di rispettare le scadenze date da Bruxelles. È vero che consegnare il Piano in tempo è stato un segno di serietà, ma siamo arrivati puntuali con un piano non democraticamente partecipato. In fase di scrittura la partecipazione della società civile è stata, dal mio punto di vista, un puro passaggio formale. La trasparenza amministrativa è un valore democratico, un’esigenza etica e politica per controllare la pubblica amministrazione e rendere i cittadini consapevoli.

Concretamente, come si può attuare la partecipazione e rendere i cittadini consapevoli?
Creando un ambiente digitale nel quale mettere dentro i progetti affidati più significativi, consentendo ai cittadini di accedervi, lì dentro fare un’attività di re…

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