Una riforma fiscale all’insegna dell’ingiustizia sociale

Dal lavoro all’istruzione, dall’assistenza sociale alla previdenza, dalla salute all’abitazione: tutte le statistiche denunciano l’inarrestabile regresso dei diritti sociali nel nostro Paese. Emblematica in tal senso è la riforma fiscale voluta dal governo, una misura classista che aggrava l’imperante ingiustizia fiscale.

I dati sono oramai ben noti. Limitiamoci a due tra i più eclatanti. Da una parte, i centottanta miliardi di euro ricevuti dalle imprese durante la pandemia, senza condizionalità alcuna. Neppure quella – davvero minimale – di avere la sede fiscale in Italia. Dall’altra, i cinque milioni e seicentomila italiani che vivono in condizioni di povertà assoluta (cresciuti di un milione dall’inizio del Covid) e gli otto milioni che versano in povertà relativa. In totale, il 22,9% della popolazione, quasi un italiano su quattro.

Siamo uno dei Paesi dell’Unione europea con la più alta incidenza di popolazione a rischio di povertà ed esclusione sociale e, nello stesso tempo, uno dei primi al mondo per ricchezza privata (oltre diecimila miliardi di dollari). Il problema, in tutta evidenza, è la diseguale – la estremamente diseguale – distribuzione della ricchezza, a sua volta causa di una divaricazione nelle condizioni di vita che in molti – troppi – casi rende l’articolo 3 della Costituzione, cardine dell’uguaglianza in senso formale e sostanziale, una vuota proclamazione di principio.

Tutte le statistiche sociali vedono l’Italia in grave sofferenza. È bassissimo il tasso di occupazione, con punte drammatiche per quella femminile e giovanile, mentre cresce il già elevatissimo numero di lavoratori che, nonostante l’impiego, non riescono a uscire dalla povertà, perché sottopagati o costretti al part-time involontario e ad altre forme di impiego precario. L’atipicità è oramai la regola, visto che colpisce la gran parte dei nuovi assunti e, nel complesso, più di un lavoratore su quattro.

I diritti dei dipendenti sono in drammatica regressione, così come le loro già bassissime retribuzioni – le uniche di tutta l’Ocse diminuite, in termini reali, negli ultimi trent’anni – e la stessa pubblica amministrazione alimenta forme di precariato e sfruttamento lavorativo che dovrebbe invece combattere. Il dato delle vittime degli infortuni, anche mortali, sui luoghi di lavoro è tornato alle punte degli anni Cinquanta, complice lo svuotamento di personale subìto dalle autorità ispettive e, in alcuni casi, il ritorno a forme di abuso prossime alla schiavitù. Estremamente preoccupante è l’entità dell’abbandono scolastico, così come allarmanti sono le cifre relative all’analfabetismo funzionale e a quello di ritorno: colpite da tagli decennali di risorse, strutture e personale, oltre che sviate da programmi formativi calibrati sulle esigenze delle imprese, le scuole non riescono più nemmeno a garantire che, assolto l’obbligo d’istruzione, tutti i ragazzi e tutte le ragazze siano in grado di compren…

Copertina del libro Sette silenzi di Elettra Santori, Rubbettino Editore

Tacere e mettere a tacere: “Sette silenzi” di Elettra Santori

Pubblichiamo uno dei racconti che compongono la raccolta “Sette silenzi” di Elettra Santori, sociologa e nostra autrice, in libreria per Rubbettino Editore. Sette racconti, sette modi di tacere (per strategia, per orgoglio, per disprezzo verso gli altri) o di mettere a tacere (il senso critico, la coscienza, il lavorio usurante del cervello che rimugina).

Il Padrino: 50 anni dopo gli Oscar la leggenda continua

Esattamente 50 anni fa Il Padrino vinceva gli Oscar per miglior film, miglior attore protagonista (Marlon Brando) e miglior sceneggiatura. Il capolavoro di Francis Ford Coppola si proiettava in una dimensione leggendaria che perdura ancora oggi.