“Mai più schiavi, vogliamo una vita più bella”. La lotta esemplare degli operai della Texprint

Con oltre 11 mesi di sciopero a oltranza e picchetti davanti ai cancelli dello stabilimento di Prato, 18 lavoratori di origine pakistana, senegalese e cinese, sostenuti dal sindacato Si Cobas, sono diventati protagonisti di una nuova epopea contro lo sfruttamento.

Dodici per sette è uguale a ottantaquattro. Mentre otto per cinque fa quaranta. Queste semplici moltiplicazioni hanno scandito le battaglie che il movimento operaio ha ingaggiato lungo il ‘900. Le 40 ore di lavoro: qui a contare non è soltanto il risultato ma anche i fattori in gioco. E oggi alcuni operai della stamperia Texprint ne sono consapevoli. Con oltre 11 mesi di sciopero a oltranza e picchetti davanti ai cancelli dello stabilimento di Prato, il cuore toscano dell’industria tessile tricolore, i lavoratori sono diventati protagonisti di una nuova epopea contro lo sfruttamento. Di origine pakistana, senegalese e cinese. Denunciavano da tempo le condizioni a cui erano aggiogati e i verbali dell’Ispettorato del lavoro – inviati a dicembre dopo un’ispezione effettuata a gennaio – hanno confermato le 12 ore giornaliere di fatica per 7 giorni alla settimana, i contratti di apprendistato fittizi, gli straordinari non pagati e un sistema di controllo pervasivo attraverso la videosorveglianza. Lo striscione simbolo della vertenza, appeso da febbraio all’entrata della stamperia, recitava: “Mai più schiavi, vogliamo una vita più bella”. Un programma politico condensato in poche battute e reso scientifico dall’operazione matematica, divenuta uno slogan della lotta, “8×5”. Una moltiplicazione che, ancora una volta, eccede gli steccati della singola lotta, e investe il polo manifatturiero.

Il Sindacato intercategoriale Cobas (Si Cobas) è stato sempre lì, tra l’asfalto e i capannoni del Macrolotto, organizzando e sostenendo le pretese dei 18 operai che hanno incrociato le braccia. Licenziati ad aprile, hanno continuato a presidiare l’azienda, il cui prodotto è simbolo del made in Italy. La rivendicazione base: il rispetto del contratto nazionale collettivo. E non solo. Quando, il 29 settembre scorso, il Tribunale del lavoro di Prato ha sentenziato sull’illegittimità del licenziamento di uno degli scioperanti e il suo reintegro in azienda, il boato dei festeggiamenti ha inondato la notte del distretto tessile. Una prima vittoria che ha scaldato gli animi.

Luca Toscano è un sindacalista del Si Cobas che ha seguito da vicino la vertenza, fin dai suoi esordi. “Il sistema di sfruttamento che migliaia di lavoratori migranti vivono sulla propria pelle è onnicomprensivo. Il nostro intento è costruire una piattaforma sociale di lotta che tenga dentro la questione abitativa, il permesso di soggiorno e la dignità del lavoro”, spiega Toscano che sottolinea come questi ambiti siano strettamente correlati nella definizione della strategia sindacale. Ciò che descrive è “un circolo mortale” a cui il mondo del lavoro migrante è inchiavardato: gli operai sono impiegati in nero o con contratti fasulli, non hanno un affitto regolare e per questo non possono accedere alla residenza. Senza il documento, il permesso di soggiorno è una chimera. E così, in molti, accettano il ricatto delle aziende che macinano profitti sulla disperazione. Secondo le stime del Si Cobas di Prato, tenendo conto dei ritmi massacranti e dello stipendio effettivamente elargito, circa 2.800 euro sono i guadag…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro, la sinistra si è appiattita su posizioni monetariste e ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.