La democrazia più debole d’Europa

Lo scrittore cileno di 'Incontro d’amore in un paese in guerra' riflette su G8 e Pinochet, repressione e polizia, giustizia e immunità, Mussolini e revisionismo, e su un Berlusconi che ‘ha fatto retrocedere l’Italia al livello (…) di un paese che puzza di ridicolo, con la democrazia più debole d’Europa’.

Da MicroMega 1/2004 [Acquista il numero completo]

Luis Sepúlveda, conversazione con Massimo Calandri

Forse la sua Gabbianella, ma lui no. Luis Sepúlveda non ha mai imparato a volare, anzi. Detesta gli aerei. L’ultima volta è partito dalla città dove vive – Gijon, Asturie – e al volante del suo fuoristrada dopo un paio di giorni ha raggiunto l’Italia: una breve vacanza, qualche vecchio amico da salutare, posti e facce nuove da conoscere. Si è fermato a Genova, gli piace il mare. E un po’ in macchina, un po’ a piedi, ha voluto ripercorrere le strade della città del G8, pensandoci su: alla Zona Rossa e a Carlo Giuliani, a Berlusconi e Bush, Richelieu e Pinochet, repressione e polizia, giustizia e i giudici, Mussolini e revisionismo, televisione ed immunità.

Immunità, appunto.

«Quando ho saputo che alla fine la giustizia italiana ha reagito, togliendo l’immunità a Berlusconi, la prima cosa che ho pensato – come tanta altra gente – è stata: notizia buona, sacrosanta. Perché non era possibile, non era accettabile, non era sopportabile continuare con una situazione di tanto abuso di potere. Ma come? Uno che dovrebbe difendersi come un qualsiasi cittadino, e invece usa un potere che non gli appartiene – usa il governo, usa le leggi – per difendersi, per nascondersi. Uno così, che nel frattempo ha fatto retrocedere l’Italia al livello di un paese buffo, un paese da operetta, un paese di comici. Un paese che puzza di ridicolo, con la democrazia più debole d’Europa. Credo che se un giorno si approverà una Costituzione europea, nell’articolo 1 dovrà esserci scritto che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. L’esempio italiano è importante, per tutti noi. Perché dopo l’arrivo di Berlusconi al governo sono cominciate cose – diciamo così – molto curiose: un governante che pretende di essere così importante da ritenersi immune davanti alla legge è curioso. È pericoloso. Voglio dire: siamo tutti d’accordo che i parlamentari, i governanti, i sindaci, devono avere una sorta di prerogativa e cioè: un qualcosa che li protegga dalle accuse gratuite. Questo è ovvio. È un modo per difendere la democrazia. Ma da qui a pretendere l’immunità, che è poi quello che pretendeva Berlusconi, ce ne passa. È pericoloso, ve lo dice uno che tanti anni fa è scappato dal Cile. Da Pinochet».

Uno che di dittatura, e di giudici, suo malgrado se ne intende.

«Adesso l’ultima cosa che Berlusconi pretende è modificare la Costituzione italiana, per modificare l’opinione dei giudici. A questo punto ci siamo perfettamente calati nell’assurdo. Dopo Mussolini, mai la politica italiana ha avuto una figura tanto tragica, tanto comica e tanto assurda come quella di Berlusconi. Credo che sia una vergogna per l’Italia, una profonda vergogna che anche tutto il Vecchio Continente provò quando Berlusconi occupò la presidenza d’Europa. Un capo di governo che definisce i giudici “disturbati mentalmente”. È inaccettabile. Ma c’è un’altra cosa ancora più dura da digerire. Il problema è che in questo delirio Berlusconi non è solo: una delle prime grandi violazioni della legalità internazionale è stata realizzata dall’amministrazione Bush, nel momento in cui gli Usa hanno preteso che i loro cittadini, militari e civili, fossero immuni rispetto alla legge che incontrano negli altri paesi. Oggi siamo …

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Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

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