Il Sud, l’individualismo e la crisi della rappresentanza: intervista a Tonino Perna

Da una parte il G20, summit che riunisce i Paesi più ricchi del mondo. Dall’altra, “The Last 20”, controvertice che tra luglio e settembre 2021 ha raccolto tra Reggio Calabria e Milano voci e rappresentanti delle nazioni più impoverite – “e non più povere” – del pianeta. Tonino Perna, economista, sociologo, politico, parte da qui per analizzare “la politica che (non) c’è”.

La politica che (non) c’è: tutte le interviste

Tonino Perna, economista, sociologo, politico. E ancora: professore emerito di sociologia economica presso l’Università degli studi di Messina e membro del Comitato scientifico internazionale sul Fair Trade coordinato dal Dipartimento di scienze sociali dell’Università di Montreal. Una vita per il Sud, dell’Italia e del Mondo e un 2021 dedicato agli ultimi venti Paesi della Terra: The Last 20, il “contro-G20” che ha riunito associazioni, ong, società civile e rappresentati dei venti Paesi “più impoveriti” del Mondo. Le tappe: Reggio Calabria, Roma, Milano, L’Aquila, Santa Maria di Leuca. I temi: immigrazione e accoglienza, questione sanitaria, fame e impoverimento, mutamento climatico, il ruolo politico dei Paesi.

Quanta “politica” ha incontrato in questo percorso e, più in generale, negli ultimi anni, gli anni della “crisi della politica” che personalmente preferisco raccontare come “crisi della rappresentanza”?
Dando la corretta accezione di “politica”, dare risposte ai bisogni della gente, portare orizzonti, visioni sul piano culturale, devo dire che ne ho incontrata tantissima. Dal mio osservatorio, il Sud, vedo un grande movimento che riguarda il mondo del lavoro dove le imprese del terzo settore e quelle più tradizionali hanno iniziato a “ibridarsi”: penso a Goel, gruppo cooperativo che riunisce centinaia di piccole imprese per contrastare nella filiera agroalimentare i diktat della grande distribuzione; penso alle tante forme di aggregazione sia economiche che ideali, dal basso, che si muovono sul territorio. Liberare gli schiavi di Rosarno, lavorare all’interno della baraccopoli, impegnarsi – come si sta facendo con il progetto Spartacus – a trovare casa e lavoro ai ragazzi che escono da quell’inferno è fare politica. O forse dovremmo dire è fare ciò che la politica non riesce o non vuole fare. Potrei andare avanti ore a citare progetti, percorsi, realtà che lavorano per gli altri. Oggi la politica alla quale guardo è un mix tra attivismo ed economia del dono, una risposta concreta alle inefficienze, alle mancanze, ai vuoti, alle assenze dell’altra politica, quella che versa in una crisi ormai irreversibile.

Quali sono, oggi, le problematiche maggiori del Sud, a suo avviso? La risposta scontata, ovvia, sarebbe “la criminalità”.
La criminalità si è trasferita al Nord. Parlo della vera criminalità. Il vero problema è che al Nord si sono trasferiti due giovani su tre. Nel recente passato gli alberghi, le industrie, le grandi proprietà erano in mano alla ‘ndrangheta. Oggi non è più così: la criminalità “imprenditoriale” con la C maiuscola è a Milano, a Bruxelles, in Olanda, a Londra. Oggi il vero problema del Sud è l’inerzia, lo sfascio, il degrado della Pubblica amministrazione. Sono il crollo dei servizi sociali, scolastici, sanitari. Ed è proprio su questi campi che si sta muovendo la politica, quella – anche in questo caso – con la P maiuscola.

Parlando di Sud, non possiamo non parlare di quanto avvenuto a Riace e a Mimmo Lucano. Teme che l’accanimento giudiziario al quale stiamo assistendo contro chi ha portato un’alternativa reale, concreta, possa allontanare …

Israele, la memoria dell’Olocausto usata come arma

La memoria dell’Olocausto, una delle più grandi tragedie dell’umanità, viene spesso strumentalizzata da Israele (e non solo) per garantirsi una sorta di immunità, anche in presenza di violenze atroci come quelle commesse a Gaza nelle ultime settimane. In questo dialogo studiosi dell’Olocausto discutono di come la sua memoria venga impiegata per fini distorti, funzionali alle politiche degli Stati, innanzitutto di quello ebraico. Quattro studiosi ne discutono in un intenso dialogo.

Libano, lo sfollamento forzato e le donne invisibili

La disuguaglianza di genere ha un forte impatto sull’esperienza dello sfollamento di massa seguito alla guerra nel Libano meridionale. Tuttavia, la carenza di dati differenziati rischia di minare l’adeguatezza degli aiuti forniti e di rendere ancora più invisibile la condizione delle donne, che in condizioni di fuga dalla guerra sono invece notoriamente le più colpite dalla violenza e dalla fatica del ritrovarsi senza casa e con bambini o anziani a cui prestare cure.

Come il fascismo governava le donne

L’approccio del fascismo alle donne era bivalente: da un lato mirava a riportare la donna alla sua missione “naturale” di madre e di perno della famiglia, a una visione del tutto patriarcale; ma dall’altro era inteso a “nazionalizzare” le donne, a farne una forza moderna, consapevole della propria missione nell’ambito dello Stato etico; e perciò a dar loro un ruolo e una dimensione pubblica, sempre a rischio di entrare in conflitto con la dimensione domestica tradizionale. Il regime mise molto impegno nel disinnescare in tutti i modi questo potenziale conflitto, colpendo soprattutto il lavoro femminile. Ne parla un libro importante di Victoria de Grazia.