Geopolitica e crisi del Covid, l’Europa al bivio

La crisi dell’Ucraina, la guerra fredda tra USA e Cina e la crisi del Covid impongono la sostanziale cancellazione del Fiscal Compact e la revisione del Trattato di Maastricht. O l’Unione Europea svolta o può disintegrarsi nello scontro tra le Superpotenze.

Geopolitica e crisi del Covid fanno saltare i vecchi schemi dell’economia. Per la prima volta dopo la caduta dell’URSS è nuovamente possibile una guerra diretta tra le grandi potenze del pianeta. La nuova Guerra Fredda tra USA, Russia, Cina cambia tutto: i paesi europei, e quelli dell’eurozona in particolare, dovranno scegliere se puntare sull’autonomia strategica o se subordinarsi all’alleato americano, se buttare alle ortiche le vecchie stupide regole che finora hanno solo frenato lo sviluppo economico, oppure disintegrarsi sotto la pressione crescente dei grandi e bellicosi giochi delle superpotenze militari. La geopolitica condizionerà sempre di più l’economia e la politica dei blocchi non lascerà molta libertà ai paesi minori. In Europa il Fiscal Compact è ormai da cancellare e anche Maastricht dovrà essere auspicabilmente rivisto.

Dopo la crisi del Covid e la prova di forza tra Stati Uniti e Russia in Ucraina (che è il paese più vasto del continente europeo dopo la Russia e conta ben 40 milioni di abitanti) e a causa della lotta per l’egemonia tra gli USA e la Cina nell’area asiatica e globale, l’economia mondiale entra in una fase nuova: si annuncia un’epoca di deglobalizzazione, di turbolenza finanziaria, di scontro commerciale e tecnologico, se non perfino militare, tra stati che perseguono esclusivamente logiche di potenza e interessi neo-imperiali. Il nuovo contesto economico sarà in prospettiva completamente differente da quello che abbiamo vissuto finora e, se possibile, sarà ancora più complicato e pericoloso. La politica del confronto tra i blocchi impone il superamento della logica del libero commercio nei mercati globali. Le questioni commerciali e finanziarie diventeranno anche e soprattutto scelte politiche. La logica dell’autosufficienza nazionale (o continentale) – soprattutto per quanto riguarda la ricerca scientifica, le risorse energetiche, le nuove tecnologie (microchip, intelligenza artificiale, 5G, cybersicurezza, digital money, data management, biotecnologie, ecc) – e il protezionismo commerciale prevarranno sulle politiche di libero scambio. Lo stato “sovranista” assumerà un ruolo sempre più rilevante e diretto nell’economia e nei rapporti internazionali. La sovranità nazionale tornerà a essere più importante dei “vantaggi comparati” legati al libero commercio.

La crisi del Covid ha già mostrato chiaramente che lo stato deve assumere – e assumerà sempre di più – un ruolo diretto nella gestione dell’economia. Quando le nazioni europee hanno dovuto affrontare l’epidemia si sono improvvisamente rese conto dell’importanza dell’autonomia strategica perché dipendevano dall’estero per gran parte dell’essenziale, per i vaccini, le mascherine e i ventilatori polmonari. Le politiche di autosufficienza nazionale – peraltro già avviate negli anni 30 del secolo scorso e considerate con favore da John Maynard Keynes, almeno in confronto al laissez faire sui mercati internazionali e finanziari[1]– e il protezionismo sono tornati di moda, in particolare per le grandi potenze che intendono rimanere tali e cercano di imporre la loro egemonia. Lo stato e la politica torneranno ad assumere un ruolo fondamentale anche per fronteggiare l’emergenza climatica che è strettamente legata a quella energetica. Il mercato da solo non potrà ma…

Orlando Figes e la copertina di Storia della Russia

Orlando Figes: “La società russa non coincide né con i miti di Putin, né con gli schemi dell’intelligencija liberale”

“Storia della Russia. Mito e potere da Vladimir II a Vladimir Putin” di Orlando Figes racconta in che modo la propaganda e il regime di Stato riscrivono la storia della Russia in base ai miti del potere, presentandola in questo modo sia ai russi, sia al mondo esterno. Ma la società russa, spiega lo studioso in questa intervista, non coincide con lo Stato né con la sua propaganda. E però, come dimostrano il protagonismo contadino durante i secoli e l’esperienza rivoluzionaria del 1917, nella sua autodeterminazione democratica non coincide neanche con il modello liberale e occidentalista auspicato dall’intelligencija, la quale a sua volta sconta uno scollamento sempre più forte dalla società.

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Governo Sánchez in Spagna. Sánchez e Iglesias alla Moncloa

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Nonostante anni molto complicati, fra crisi pandemica e guerra, il governo Sánchez in Spagna, sostenuto esclusivamente da forze di sinistra, ha dimostrato che è possibile realizzare politiche progressiste, a vantaggio delle fasce più deboli della popolazione. Un bilancio.