“Anche l’operaio vuole il figlio dottore”

1973: il movimento operaio vince la battaglia per l'introduzione delle 150 ore per il diritto allo studio. La rivoluzione che pose al centro la formazione culturale di ogni individuo e gli strumenti per il pieno dispiegamento delle energie umane, come sancito dalla Costituzione.

A 12 anni, il lavoro nelle campagne dell’agro romano. Adele Cacciotti era una bambina quando le fatiche della terra le sporcarono le mani. «Dovevo contribuire alla vita della famiglia», dice. Abitava con i suoi in un’azienda agricola a sud della Capitale. Il padre era un bracciante iscritto alla Cgil: avere la tessera del sindacato alla fine degli anni Sessanta negli slum agricoli della provincia di Roma era una grossa responsabilità. La tigna del conflitto in un settore dove lo schiavismo era la regola e dove “padrone” non era un semplice epiteto da affibbiare al datore di lavoro ma un dato di fatto dello sfruttamento. Il caporale, a cavallo per la tenuta, si preoccupava che le schiene fossero piegate a dovere.

Adele aveva interrotto la sua istruzione, frequentando soltanto le scuole elementari. L’istituto più vicino per proseguire gli studi distava una decina di chilometri dalla sua casa: impossibile da raggiungere a piedi tra le dune stabbio e concime della periferia agricola di Roma. «I bambini che vivevano nell’azienda non andavano alle medie. I miei genitori furono sollecitati sia dagli insegnanti sia dal parroco. Ma non potevamo fare altrimenti. Il dispiacere fu grande in famiglia», racconta.

Il 1970 sopraggiunse all’improvviso. Fu promulgato lo Statuto dei lavoratori. Il fermento operaio e il Sessantotto studentesco macinavano conquiste e diritti. Le masse diventarono protagoniste della storia e si organizzarono per essere tali. Nell’azienda agricola dove Adele sfacchinava, il sindacato acquisì forza e legittimazione. La sua azione fu incisiva e stravolse le vite dei braccianti. Il cavallo del caporale iniziò a zoppicare davanti alle braccia incrociate. «Invece di lavorare 12 ore al giorno, ne lavoravamo 8. Invece di prendere la metà del salario percepivamo il doppio», commenta. Nel 1973, poi, l’ulteriore svolta all’Italia del boom economico fu impressa dal movimento operaio. La battaglia per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici e l’introduzione delle 150 ore per il diritto allo studio. Una perifrasi impronunciabile se accostata al macrocosmo del proletariato industriale. Impiegare 150 ore del proprio tempo per soddisfare un diritto, oggi definito blasfemamente “sacrosanto…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.