La guerra di Putin e gli errori della sinistra

Tutti i discorsi sulle “minacce alla sicurezza” della Russia e l’allargamento a est della Nato sono completamente superati dagli eventi. L’aggressione dell’Ucraina da parte di Putin è l’espressione di un potere imperiale. È ora che la sinistra in Europa, e in Germania in particolare, prenda atto dei suoi errori di valutazione.

La guerra è tornata in Europa. In realtà non è mai sparita del tutto. Era lì quando la Jugoslavia si è disintegrata in una catena di guerre civili negli anni Novanta, quando abbiamo assistito a crimini di guerra e genocidi, e alla fine della quale la Nato si è reinventata. Ma la guerra che è tornata oggi è quella contro cui è stata scritta la Carta delle Nazioni Unite. Con l’eccezione dell’invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia nel 1968, a partire dalla Seconda guerra mondiale nessuno Stato europeo aveva mai tentato di soggiogare un altro Stato europeo. Contrariamente a quello che troppi analisti suppongono, a Putin infatti non interessa solo qualche manciata di terra a est. Gli interessa l’Ucraina tutta.

La domanda su come le forze di sinistra in Germania debbano posizionarsi su questa guerra non ha neanche bisogno di essere fatta, la risposta è stata data dalla direzione del partito Die Linke prima che fosse posta. «Non c’è nulla che possa giustificare la guerra di aggressione in violazione del diritto internazionale. La Russia deve cessare immediatamente le ostilità, accettare un cessate il fuoco e tornare al tavolo dei negoziati», hanno dichiarato i dirigenti del partito e del gruppo parlamentare il giorno stesso dell’attacco. L’invasione russa è segno lampante di imperialismo, un imperialismo di cui in questi giorni la gente in Siria, Cecenia, Georgia e in molte parti dell’Europa dell’Est è molto meno sorpresa rispetto a larghi settori della società e della sinistra tedesche.

Ci troviamo ancora nella «nebbia di guerra» di Clausewitz e ci orientiamo a vista. Cosa vuole ottenere Putin? Con la sua invasione dell’Ucraina sta forse ripetendo l’errore criminale di Bréžnev, che invase l’Afghanistan nel 1979 e il cui successore – dieci anni e milioni di morti civili dopo – si ritirò in un impero estremamente teso e decadente, giunto ormai nel suo stadio finale?

La guerra è stata una decisione di Putin e dei pochi uomini intorno a lui che compongono il gruppo dirigente del Cremlino.

La Russia sotto Putin si è comportata come una superpotenza imperiale: nel 2008 ha annesso l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, nel 2014 la penisola di Crimea e ha sostenuto le forze separatiste in Ucraina orientale, e dal 2015 ha assicurato che il sanguinario dittatore Bashar al-Assad potesse rimanere al potere in Siria. Misurata però sulla base della sua performance economica, la Russia è invece lontana dallo status di grande potenza. Il più grande Paese della Terra ha più o meno il prodotto interno lordo della Spagna. È uno Stato periferico nell’economia mondiale, dipendente dalle esportazioni di energia, ma ben armato e dotato di armi nucleari, e Putin sa come usare la guerra per distrarre dalle sue crisi interne.

La guerra traccia chiare linee morali. Qualsiasi tentativo di comprendere gli interessi di sicurezza russi, di integrare economicamente o in altro modo la Russia in Europa, improvvisamente appare oggi in Germania nel migliore dei casi come segno di ingenuità se non di cinica interessa…

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