Contro salari da fame e precarietà i giovani rialzano la testa

“Lavori e sei povero. Un controsenso inaccettabile”. Mentre parte “#Sottodiecièsfruttamento”, una campagna per un salario minimo che argini il lavoro sottopagato, i dati sui licenziamenti volontari confermano che i giovani non sembrano più disposti a farsi sfruttare.

“I giovani non vogliono fare la gavetta”. Oppure: “Non troviamo personale di sala e in cucina, i giovani non sono disposti al sacrificio”. Sono due delle tante frasi fatte che da qualche anno accompagnano la preparazione della stagione estiva, dette dagli imprenditori che gestiscono ristoranti, hotel e locali notturni. Molti di loro sono stellati e alcuni sono VIP, come Alessandro Borghese, Antonino Cannavacciuolo o Flavio Briatore. Negli ultimi anni il dibattito sulla stampa italiana si è polarizzato anche per un altro elemento connesso al lavoro sottopagato e in nero: il reddito di cittadinanza, battaglia cardine del programma del Movimento 5 Stelle, che si è rivelato insufficiente ma che ha messo un primo paletto contro lo sfruttamento.

Su questo tema nei giorni scorsi è intervenuto Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi che all’AGI ha commentato: “Paradossalmente in questo momento è più difficile trovare dipendenti che clienti. Succede perché lo stipendio base di un facchino e di una cameriera è simile al reddito di cittadinanza. Gli stipendi sono bassi e il reddito diventa per molti un alibi per non lavorare”, toccando quindi il tema centrale che quasi sempre viene messo in secondo piano: gli stipendi bassi. Bocca nell’intervista all’AGI dichiara che per uno stipendio da 1000 € netti al mese ce ne vogliono circa 30.000 all’anno, chiedendo il taglio delle tasse per poter aumentare gli stipendi. Cifre che non tornano con le dichiarazioni di Filippo La Mantia, chef siciliano con due stelle Michelin che parla di 22.000 € lordi all’anno e uno stipendio mensile di 1.300 € al mese, anche lui nella lista di chi non riesce a trovare personale tanto da “servire lui stesso in sala”.

“Le dichiarazioni di Briatore e Borghese sono l’ennesimo capitolo della saga dei ricchi che parlano di giovani senza voglia di lavorare, un genere letterario che ha davvero stufato” dichiara a MicroMega Claudio Riccio dell’organizzazione “Up, su la testa”, che aggiunge: “Dicono che nessuno vuole fare esperienza per migliorare il cv, ma se non sei figlio di… con il curriculum non paghi affitto, spesa e bollette sempre più alte. In Italia più di 5 milioni di lavoratori e lavoratrici guadagnano meno di 10.000 euro annui. Lavori e sei povero. Un controsenso inaccettabile”. Nei mesi scorsi “Up” ha lanciato una campagna #sottodiecièsfruttamento, per l’introduzione di un salario minimo di 10 euro l’ora che possa mettere un argine al lavoro sottopagato. “Questa campagna nasce con l’esigenza di avere uno strumento di ricomposizione del mondo del lavoro perché oggi c’è bisogno di trovare un elemento che metta insieme un mondo frastagliato e diviso. E la questione salariale è la questione che tocc…

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani gappisti compiva l’attentato di via Rasella, a cui il giorno dopo gli occupanti tedeschi risposero con la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Un legittimo atto di Resistenza a cui fece seguito un massacro deliberato. Eppure, nell’Italia attuale, in cui una parte non solo della società ma anche delle istituzioni non si riconosce nei valori e nell’eredità dell’antifascismo, tali eventi sono ancora oggetto di contesa. La ricostruzione della storica Michela Ponzani non lascia però spazio a nessuna tendenziosa ambiguità.

L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

L’Egitto è un Paese al collasso in cui, oltre alla povertà endemica, fra gli abitanti cova ancora sotto la cenere il fuoco della rivoluzione. Gli accordi stretti con il governo italiano servono ad Al Sisi per cercare di mantenere il controllo, ma rischiano per molti versi di peggiorare la situazione del Paese. L’Europa, in questo quadro, prosegue con la sua solita politica miope: pretendere di fermare i flussi umani favorendo le dittature e i loro metodi violenti e persecutori.