Libertà di stampa, perché la Grecia è maglia nera tra i paesi UE

Secondo l'ultimo rapporto di Reporter Senza Frontiere Atene è scesa all’ultimo posto in Europa per la libertà di stampa. Un poco invidiabile primato di cui è responsabile il governo di Nuova Democrazia, promotore di numerose iniziative deleterie per il pluralismo e la libertà dei giornalisti.

Non l’Ungheria di Viktor Orbán, che si è appena conquistato il quinto mandato silenziando storiche voci critiche come Klubradio; nemmeno la Bulgaria, che da pochi mesi è riemersa da oltre un decennio di monopolio politico (e mediatico) di Boyko Borissov; secondo l’annuale Press Freedom Index pubblicato da Reporter Senza Frontiere (RSF), è la Grecia a vestire la maglia nera in Europa per la libertà di stampa.

In un rapporto in cui anche l’Italia perde posizioni rispetto al 2021, – RSF individua le minacce della criminalità organizzata e l’estremismo violento che ha prosperato durante la pandemia tra le cause principali – il declassamento della Grecia è quello che salta maggiormente all’occhio: il Paese, che in un anno perde 38 posizioni, ha indicatori peggiori rispetto agli anni più duri della crisi economica.

A gravare sulla valutazione negativa di RSF sono innanzitutto gli scarsi progressi compiuti dalla giustizia ellenica sul caso di Giorgos Karaivaz, veterano della cronaca nera e autore di inchieste sull’operato della polizia ucciso a colpi di pistola fuori dalla sua abitazione ateniese il 9 aprile 2021. Il fondato sospetto che l’assassinio avesse a che vedere con il lavoro giornalistico di Karaivaz è ancora privo di riscontri concreti, visto che la promessa delle autorità di assicurare quanto prima i colpevoli alla giustizia è finora caduta nel vuoto.

Ma il poco invidiabile primato europeo della Grecia è da attribuirsi anche alle politiche attuate dal governo di Nuova Democrazia, in carica dal 2019. Se da una parte il premier Kyriakos Mitsotakis si è presentato come leader di un centrodestra liberale e modernizzatore, dall’altra il suo esecutivo ha incorporato diverse istanze e ministri provenienti da ambienti di estrema destra, e si è fatto promotore di numerose iniziative deleterie per il pluralismo e la libertà dei giornalisti.

La “Lista Petsas”

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Nel sessantesimo anniversario del golpe militare in Brasile che inaugurò una lunga dittatura, hanno suscitato indignazione e polemiche le parole dell’attuale Presidente Lula che ha dichiarato di non voler “rivangare il passato”. Una posizione respinta con sdegno dai parenti delle vittime della dittatura: “ripudiare con veemenza il golpe del 1964 è un modo per riaffermare l’impegno a punire i colpi di Stato anche del presente e scongiurare eventuali tentativi futuri”.