L’equivoco della libertà di opinione

La libertà di coscienza e di opinione è un pilastro delle società democratiche. Ma questo non significa che lo Stato debba essere indifferente rispetto alle credenze e alle visioni del mondo dei propri cittadini.

La libertà di coscienza e di opinione è un pilastro delle società democratiche. Questo sacrosanto principio ha però condotto nel tempo alla diffusa convinzione che in un regime democratico liberale lo Stato debba essere indifferente rispetto alle credenze e alle visioni del mondo dei propri cittadini e che quello che serve per tenere insieme la società è un consenso solo formale sulle procedure della democrazia e non anche uno sostanziale attorno a precisi valori e visioni del mondo. La pandemia ha mostrato però in maniera lampante non solo che le opinioni non sono tutte uguali ma, ancora più radicalmente, che una società democratica ha un preciso interesse nella promozione di determinate visioni del mondo – democratiche, scientifiche, razionali – e un corrispondente specifico interesse alla repressione di altre visioni del mondo – antidemocratiche, superstiziose, irrazionali. E questo non vale solo rispetto alle questioni relative alla salute, ma va molto oltre riguardando l’intero spettro delle credenze (politiche, religiose, filosofiche) dei cittadini, nei confronti delle quali una società democratica non può rimanere indifferente.

A differenza di Jürgen Habermas, il quale ritiene che “in società complesse la cittadinanza non può essere tenuta insieme da un consenso sostantivo su valori ma solo da un consenso sulle procedure per una attuazione legittima delle leggi e per l’esercizio legittimo del potere”[1], in quel che segue sosterrò che, al contrario, è proprio nelle società complesse che un consenso su un nucleo di valori sostanziali e universali condivisi è assolutamente necessario.

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Innanzitutto, qualche preliminare chiarimento concettuale, partendo dalla nozione di “universale”. Per “universale” qui intendiamo, con Kant, il prodotto della ragione pratica (ossia quella facoltà di porsi degli obiettivi e di agire in base a essi) che è accessibile a tutti, indipendente dal luogo, dal tempo e da qualsiasi esperienza. “Indipendente dall’esperienza” non significa non avere niente a che vedere con l’esperienza, ma solo non essere

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

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