Russia colpita, Germania affondata

Finora, a essere sconfitto dalla guerra è quello che Halevi chiama il “blocco tedesco”: progetto teso alla creazione di un blocco continentale eurasiatico con Germania e Cina alle due estremità, ma con la Russia come indispensabile elemento di connessione.

È sempre meno chiaro cosa voglia dire vincere questa guerra, chiunque sia il vincitore. Più aumentano le distruzioni, più cresce il conto dei morti, più le sanzioni si moltiplicano, meno è chiaro come se ne esce e meno sono comprensibili gli obiettivi dei belligeranti. Cosa può venire alla Russia da un pezzetto di Ucraina raso al suolo, in confronto a tutto quel che perde e, soprattutto, rispetto al rischio di consegnarsi alla Cina mani e piedi legati? Cosa può venire all’Ucraina dal farsi mettere interamente a ferro e fuoco per mantenere al proprio interno una regione che ha dimostrato in tutti i modi di voler continuare a parlare russo e di non voler essere staccata dalla Russia? Che può venire alla Nato dall’erigere una nuova cortina di ferro e dal cementare un blocco russo/cinese dotato di tutte le materie prime (Russia) e di tutta la tecnologia (Cina)?

Si obietterà che ormai da tempo gli Stati Uniti e l’Occidente combattono guerre di cui non si sa cosa voglia dire vincerle: cosa avrebbe significato vincere in Iraq? Farlo diventare un Israele islamico? Di fatto lo si è consegnato alla sfera d’influenza iraniana. Ancor più misterioso era cosa voleva dire vincere in Afghanistan, abbandonato al Pakistan e – dietro l’orizzonte – ai cinesi. Per non parlare della guerra siriana.

Se è difficile dire in cosa consisterebbe vincere questa guerra, più facile sembra definire le sconfitte che essa provoca. E, imprevedibilmente, come vedremo, i danni maggiori saranno inferti a quello che l’economista Joseph Halevi ha definito “il blocco tedesco”[1].

Nel frattempo, oltre agli ucraini e ai russi, perdiamo un po’ tutti. Anche perché scopriamo ogni giorno dei prezzi e dei costi che non avevamo nemmeno sospettato. Quando è cominciata l’invasione russa, tutti si sono preoccupati per le proprie forniture di gas e petrolio. Ma – sfogliate i giornali di allora per averne una prova – nessuno ha nominato il grano. Solo poi ci siamo resi conto che Russia e Ucraina forniscono il 14% della produzione mondiale di grano, ma ben il 29% delle esportazioni mondiali. Poi, con il contagocce, è emerso che Russia e Ucraina rappresentano il 17% delle esportazioni di mais e il 14% della produzione mondiale di orzo. Come in una caccia al tesoro, abbiamo poi scoperto che Russia e Ucraina forniscono il 76% del girasole mondiale. E infine che

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.