«Tomás Nevinson non è propriamente il seguito di Berta Isla, ma con quello forma per così dire una coppia». Così lo scrittore Javier Marías descrive il suo ultimo romanzo, pubblicato in Italia nel febbraio di quest’anno da Einaudi, con la traduzione di Maria Nicola.
Letti insieme i due volumi sono quasi una saga, in cui a farla da protagonista è innanzitutto la coppia. Intorno, fitte e dense, ci sono le piccole storie, trame che lo scrittore spagnolo sa raccontare meglio di chiunque altro.
Quella di Tomás, marito di Berta Isla, è intanto la vita di chi ha più esistenze, per una burla del destino che lo ha portato fin dentro alle segrete stanze dei servizi inglesi. È la storia di chi “cede alla tentazione” e torna ad assumere un incarico di cui credeva di essersi spogliato per sempre: la proposta è di andare in una città spagnola, nel nord-ovest, per snidare una persona colpevole di sanguinosi attentati dell’Ira e dell’Eta. «Ho avuto un’educazione all’antica, e non avrei mai creduto che un giorno mi si potesse ordinare di uccidere una donna».
Le donne sono il centro assoluto del romanzo, e lo sono di gran lunga di più del personaggio principale: Tomás ha il volto di chi sa che dovrà fare i conti con una vita che pensava (sbagliando) di avere archiviato per sempre. Attorno a lui ruotano tutte le altre figure, che compongono, di pagina in pagina, un quadro ricchissimo di sfumature e di contrasti.
Il ritmo è incalzante, le descrizioni a dir poco fotografiche, scatti di vita in cui a trionfare è la bugia travestita da necessità: «Il fatto è che non c’è modo di avere la certezza dell’inganno e della simulazione».
L’autore scava – letteralmente – nelle pieghe dell’anima, dei suoi uomini e delle sue donne, mentre fa dire al protagonista una verità scomodissima: «Meglio essere colui che non esiste, almeno a periodi, e in questo modo preservarsi un po’, dividendo colpe e carichi con l’inesistente». Nel privato, questo modo di preservarsi gli costerà però l’amore e, ancor prima, la stima di Berta.
Il romanzo è tr…