Abbiamo ancora bisogno della religione?

In un mondo in cui la ricerca scientifica riesce ogni giorno a fornire risposte sempre più precise alle grandi domande dell’esistenza, qual è il ruolo della religione? Può la fede continuare a essere faro morale se perde il suo primato come fonte di spiegazione dell’origine del mondo e della vita? Davvero se Dio non c’è tutto è permesso o, al contrario, proprio finché c’è Dio tutto sarà permesso?

Cinzia Sciuto: Il tema del nostro incontro è: abbiamo ancora bisogno della religione? E già sul titolo potremmo interrogarci: questa domanda ha un senso? Oppure avremmo dovuto chiederci se abbiamo ancora bisogno delle religioni, ossia delle diverse espressioni fenomenologiche che il fenomeno religioso ha assunto nella storia dell’umanità? Oppure ancora avremmo forse dovuto chiederci se abbiamo ancora bisogno di Dio?

Nella storia dell’umanità le religioni hanno svolto due principali funzioni. La prima è quella della spiegazione dell’esistenza del mondo e della vita, in particolare della vita umana. La seconda quella di fornire un fondamento all’agire morale. Per entrambe le questioni le religioni hanno utilizzato l’idea di Dio come risposta. Alle classiche domande, che sono anche quelle della filosofia, chi siamo? da dove veniamo? perché esistiamo? perché esiste qualcosa e non il nulla? la vita umana ha un senso? cos’è il bene? perché devo fare il bene?, le religioni hanno sempre fornito un’unica risposta: Dio. Allora la nostra domanda iniziale la possiamo articolare in base alle due funzioni appena richiamate. Così facendo le domande diventano due. La prima è: abbiamo ancora bisogno della religione per spiegare il mondo e la vita? Rispetto a questa domanda nel corso degli ultimi due-tre secoli la scienza ha fatto talmente tanti passi da gigante da aver sottratto moltissimo terreno alle religioni nella spiegazione del mondo e della vita. Come una sorta di sasso nello stagno, la scienza ha esteso sempre di più la propria capacità esplicativa dell’esistenza e man mano che si espandevano i cerchi concentrici della scienza, si riduceva il terreno di spiegazione lasciato alle religioni. Naturalmente questi cerchi concentrici non hanno ancora esaurito la loro capacità esplicativa, quindi c’è ancora molto da conoscere. Anzi, paradossalmente, più la scienza riesce a spiegare certi fenomeni, più in realtà ci fornisce strumenti per individuare fenomeni di cui non conoscevamo neanche l’esistenza. E quindi mano a mano che la scienza procede si amplia allo stesso tempo sia la nostra sfera di conoscenza sia il nostro ambito di ignoranza e su quell’ambito di ignoranza la religione pretende di continuare a esercitare un ruolo. Di fronte al dato di fatto che la scienza è sempre più in grado di spiegare il mondo mi pare che le religioni abbiamo reagito in due modi: uno, minoritario, è quello dei gruppi più dogmatici e fondamentalisti che si sono chiusi in un rifiuto netto della scienza; l’altro, decisamente maggioritario, è quello di “rassegnarsi” a questa capacità esplicativa della scienza e tentare di conciliarla con la religione per esempio reinterpretando una serie di affermazioni religiose alla luce delle conoscenze scientifiche, proponendo una rilettura in senso metaforico per esempio del racconto della Creazione ecc.

L’ambito in cui mi pare invece che le religioni tentano di mantenere un monopolio è quello della seconda domanda: abbiamo ancora bisogno della religione come fondamento del nostro agire morale? Abbiamo bisogno di Dio per fare il bene? Insomma, sarà vero che “se Dio non esiste, tutto è permesso”? O non sarà invece che proprio finché c’è Dio tutto sarà permesso? Ecco, su questo non abbiamo una ricerca scientifica “dura” che ci possa fornire delle risposte solide come quelle che la fisica, la chimica e la biologia ci forniscono per la prima domanda. Però anche su questo, secondo me, mettendo al centro l’autonomia del soggetto umano, l’etica laica ha molto da dire. Ecco, questi mi pare siano gli ambiti della nostra discussione di questa sera e su questi temi vorrei invitare il professor Mancuso a offrirci le sue riflessioni.

Vito Mancuso: La prima cosa che vorrei dire è che qui alle Giornate della laicità io gioco in casa, non in trasferta. Si potrebbe infatti pensare che per un …

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

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L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

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