Se mai vi dovesse capitare di dover scuoiare un bisonte, il quinto capitolo della seconda parte di Butcher’s Crossing di John Edward Williams, di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, vi dirà tutto quello che avete bisogno di sapere. Quando Walter Benjamin scriveva che i romanzi di un tempo sapevano trasmettere un’esperienza, pensava alla letteratura russa e non a quella americana. Ma anche la letteratura americana è prodiga di esperienze descritte con infaticabile precisione. L’arte del baleniere profusamente illustrata da Melville conduce alla pesca con la lenza che Hemingway descrive con dettagli inarrestabili nelle Storie di Nick Adams, che a sua volta introduce il corso avanzato per cacciatori di bisonti che trovate in Butcher’s Crossing, completo di istruzioni su come costruire una capanna di rami con pareti di pelle di bisonte per difendersi dalla tormenta di neve delle Montagne Rocciose.
A chi non ha ancora letto John Edward Williams (anche John E. Williams, o solo John Williams, come appare il suo nome nelle edizioni originali), consiglio di lasciare per ultimo il suo primo romanzo, Nulla, solo la notte (1948), di cui lui stesso non aveva una grande opinione, e di leggere in ordine cronologico gli altri tre: Butcher’s Crossing (1960), Stoner (1965) e Augustus (1972). È vero che Stoner è il capolavoro, ma solo leggendoli in sequenza ci si rende conto che la cura con la quale vengono scuoiati i bisonti in Butcher’s Crossing non è diversa dal racconto in Stoner di un imbarazzante esame orale di letteratura inglese, o della concatenazione di eventi che spingono l’imperatore Augusto a mandare in esilio la figlia Giulia. Williams scriveva lentamente, e aveva anche molto lavoro di insegnamento a cui badare. Ma, con uno stile maniacale come il suo, se avesse avuto altri due decenni a disposizione, invece di morire nel 1994 a settantadue anni d’e…