“Il Sole dell’Avvenire”, un secolo di storia italiana tra rivoluzione e repressione

Un romanzo di formazione sulle origini della sinistra, un abecedario degli errori commessi, un racconto sulla necessità della lotta. La trilogia che Valerio Evangelisti ha dedicato alle vicende del movimento operaio e bracciantile italiano è un capolavoro letterario da (ri)scoprire.

La storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa. La frase attribuita a Karl Marx ha fatto scuola tra gli aforismi da sfoderare per porre un punto (o rilanciare polemicamente) su discussioni che richiedono un qualunque sforzo cognitivo di rielaborazione. Quindi è necessaria un’avvertenza: questa è una recensione un po’ sconclusionata su un capolavoro letterario, composto da uno dei più grandi scrittori italiani del nuovo secolo, scomparso di recente, il 18 aprile 2022. E la sentenza del filosofo di Treviri, secondo gli standard interpretativi dello scrivente, si adatta perfettamente alla lettura dell’opera (o a una di esse, possibilmente).

Come eravamo

Diseredati e umiliati. Nella seconda metà del 1800, i braccianti e i mezzadri della Romagna erano bestie da soma al servizio del padrone. Precariato, povertà e alienazione. E il potere assoluto degli agrari. L’unità d’Italia aveva rinsaldato sotto gli strali della corona l’intero stivale, all’insegna delle sacre disuguaglianze. Intanto, le mani callose degli operai agricoli, dei cosiddetti “scariolanti”, avevano arginato il fetore lacustre delle paludi romagnole, trasformando i terreni malarici lungo le coste adriatiche nelle zone più fertili del neonato Paese. La bonifica, un termine che ricorrerà spesso negli annali della storia italiana, con dighe e canali così da ridisegnare la geografia dei luoghi. Pane e lavoro erano esigenze quotidiane per le schiere di lavoratori affamati.

È in questo contesto che si agitano le esistenze de Il Sole dell’Avvenire, la trilogia di Valerio Evangelisti, edita da Mondadori, sulle vicende del movimento operaio (ancora in essere, lontano però, localizzato nelle regioni più settentrionali con le fabbriche e le ciminiere) e bracciantile tra la fine del XIX secolo e gli anni ‘50 del Novecento.

Lo scrittore ha costruito un romanzo a puntate dove la ricerca storica, i fatti e gli avvenimenti si intrecciano alle vicissitudini di alcune famiglie immaginate dalla penna dell’autore.Le generazioni si susseguono sulle pagine, da protagoniste inconsapevoli di un’epopea mondiale. Velardi, Zambelli, Minguzzi e altri sono i cognomi che scuotono la narrazione: persone comuni – donne e uomini, mezzadri, braccianti, cottimisti, muratori e, alcuni di essi, con il precipitare degli anni, rivoluzionari di professione o fascisti della prima ora – la cui condizione materiale è forza motrice per lo sviluppo psicologico e relazionale dell’intreccio, messa a nudo con crudo realismo dalla maestria di Evangelisti.

La Romagna è il fulcro da cui si dipanano i tronconi narrativi. Ma sullo sfondo ci sono i rivolgimenti, i conflitti, le guerre mondiali, le lotte sociali e gli umori di un secolo, figlio obbligato del secolo precedente, a sua volta figlio illegittimo della luce illuminista (e della controrivoluzione conservatr…

Eugène Ionesco e la nostra buffa esistenza

Il 28 marzo 1994 moriva il grande drammaturgo rumeno Eugène Ionesco. Ricordarne la figura e il teatro significa riscoprire il fascino per la sua oscurità buffa, che ci mette di fronte alle nostre esistenze, strabilianti e atroci al tempo stesso, ridicole e tragiche, in cui non c’è la luce di un Dio infinito ad illuminare la via, non c’è speranza o fede ma solo la ricerca del senso in questo costante non senso.

Il Brasile di Lula a sessant’anni dal golpe militare

Nel sessantesimo anniversario del golpe militare in Brasile che inaugurò una lunga dittatura, hanno suscitato indignazione e polemiche le parole dell’attuale Presidente Lula che ha dichiarato di non voler “rivangare il passato”. Una posizione respinta con sdegno dai parenti delle vittime della dittatura: “ripudiare con veemenza il golpe del 1964 è un modo per riaffermare l’impegno a punire i colpi di Stato anche del presente e scongiurare eventuali tentativi futuri”.