Razzismo, patriarcato e potere. Appunti sulla sentenza della Corte suprema

Legiferare sui diritti riproduttivi è un segno distintivo dei governi autoritari e fascisti. Con l’abolizione del diritto costituzionale all’aborto la Corte suprema degli Stati Uniti ha riportato il Paese all’era brutale della legislazione sull’utero come proprietà dello Stato.

Nel 1972, l’aborto era illegale in Minnesota. Un giorno di quell’anno – la data esatta è svanita dalla memoria – un uomo di 21 anni portò la sua terrorizzata fidanzata 16enne in una clinica per donne a Minneapolis. La lasciò lì per un test di gravidanza e se ne andò.

Ero io quella ragazza. All’epoca non c’erano test di gravidanza domestici. La codardia del ragazzo mi irrita ancora, ma soprattutto ricordo la mia paura, la mia confusione e la miserabile segretezza sul mio possibile stato. La mia immaginazione viaggiava verso gli aborti clandestini. Avevo visto i risultati di alcune di quelle procedure illegali in sgranate fotografie in bianco e nero: i cadaveri di giovani donne che giacevano nel loro stesso sangue su divani sudici e barelle di metallo. Mi sono immaginata in una stanza lercia con uno strano uomo e il suo scintillante vassoio di strumenti.

Non avevo soldi. Se fossi stata incinta – si è scoperto che non lo ero – il mio ragazzo o i miei genitori avrebbero dovuto trovare i soldi per un aborto. Sono certa che l’avrebbero fatto, anche se nessuno di loro aveva molti risparmi, e l’idea che mio padre sapesse della mia gravidanza mi disgustava. Non credo sarebbe stato possibile un volo per New York e le centinaia di dollari necessari per pagare la procedura, ma non avrei mai portato a termine una gravidanza. Avrei infranto la legge.

Sedici anni dopo, ho dato alla luce mia figlia, Sophie. Quando l’ho spinta fuori dal mio corpo, ero in uno stato di estasi che non avevo mai provato prima e che da allora non ho più provato. So bene che le esperienze del parto sono estremamente diverse. Questa è la mia. Quanto volevo quella bambina.

Anni dopo, finito il college, Sophie mi telefona. Sento dalla sua voce che qualcosa non va. Mi dice che ha un problema medico. Le è stata diagnosticata una malattia mortale, penso. Mi preparo. Quando mi dice che è incinta, sono così sollevata da scoppiare a ridere. Lei ricorda le mie parole meglio di me. «Questa è New York», le dissi. «È una tua decisione. Se vuoi abortire, puoi farlo». Era all’inizio della gravidanza. Scelse di abortire e non se ne è mai pentita.

Nel 1973, Roe v. Wade divenne legge del Paese e lo è rimasta per quasi 50 anni. Finché, in giugno, la Corte suprema degli Stati Uniti non ha abolito il diritto costituzionale all’aborto. È tempo di avere di nuovo paura, ed è tempo di agire in base a quella paura protestando contro questa decisione e cacciando i politici radicali e antidemocratici.

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Legiferare sulla riproduzione e limitare i diritti riproduttivi è stato e rimane un segno distintivo dei governi autoritari e fascisti. Nella Germania nazista, l’aborto …

Eugène Ionesco e la nostra buffa esistenza

Il 28 marzo 1994 moriva il grande drammaturgo rumeno Eugène Ionesco. Ricordarne la figura e il teatro significa riscoprire il fascino per la sua oscurità buffa, che ci mette di fronte alle nostre esistenze, strabilianti e atroci al tempo stesso, ridicole e tragiche, in cui non c’è la luce di un Dio infinito ad illuminare la via, non c’è speranza o fede ma solo la ricerca del senso in questo costante non senso.

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Nel sessantesimo anniversario del golpe militare in Brasile che inaugurò una lunga dittatura, hanno suscitato indignazione e polemiche le parole dell’attuale Presidente Lula che ha dichiarato di non voler “rivangare il passato”. Una posizione respinta con sdegno dai parenti delle vittime della dittatura: “ripudiare con veemenza il golpe del 1964 è un modo per riaffermare l’impegno a punire i colpi di Stato anche del presente e scongiurare eventuali tentativi futuri”.