Mini storia della mafia e delle sue alleanze

Chiusi i seggi comincia la vera campagna elettorale. Non per prendere poltrone ma per risvegliare un popolo, cui si chiede di lottare e di esistere per “abolire la mafia una volta per tutte”.

Riccardo Orioles, da sempre un campione della migliore antimafia operosa, ci ricorda che la mafia esiste, anche se oggi è un po’ dimenticata. Essa è la principale disgrazia del nostro Paese, un padrone armato che deruba i poveri e ingrassa i ricchi. Insieme col fascismo, che periodicamente torna a galla, la mafia è la caratteristica propria dell’Italia, e principalmente dell’Italia fra tutti i Paesi europei. Una tremenda zavorra che ci affoga. Per questo, sostiene Orioles, chiusi i seggi comincia la vera campagna elettorale. Non per prendere poltrone ma per risvegliare un popolo, cui si chiede di lottare e di esistere per “abolire la mafia una volta per tutte”. Tutte le mafie, ma prima le “mafie alte”. Un obiettivo serio, da condividere, basato sulla convinzione che la mafia non è una semplice banda di banditi ma una cosa potente che ha comandato e comanda moltissimo, condizionando pesantemente la politica e l’economia italiana. Come dimostra tra l’altro una mini storia della mafia e delle sue alleanze.

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Per decenni, una folla di uomini importanti ha fatto a gara nel negare pubblicamente l’esistenza della mafia. Due esempi. Stato e Chiesa, per non far torto a nessuno…

Roderico Pantaleoni, procuratore generale del Re a Palermo, nel 1902, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, pronuncia queste parole: “Non se ne può più di sentire parlare [di mafia] senza provare un senso di nausea e di disgusto”.

Il cardinale Ruffini, omelia del 1964, tra i fattori che più disonorano la Sicilia indica: un romanzo (Il Gattopardo), un sociologo (Danilo Dolci) e… il gran parlare di mafia.

Ora, se la mafia ufficialmente non esiste ed è persino sconveniente parlarne ovvio che nessuno la combatta. E se qualcuno un po’ fuori dal coro ci prova lo stesso, difficile che riesca a combinare qualcosa…

Le cose cambiano, con colpevole ritardo, soltanto nel 1982. La rabbia e le proteste scatenate dallo shock che sconvolge tutti gli italiani onesti dopo l’omicidio di Carlo Alberto dalla Chiesa, generale-prefetto di Palermo, “costringono” la politica ad approvare la legge Rognoni-LaTorre, introducendo nel Codice penale – con l’art. 416 bis – il nuovo delitto di associazione mafiosa. Una norma che colpisce la mafia in sé e per sé: non più soltanto gli specifici reati dei mafiosi come omicidi, estorsioni, traffici di droga, ma appunto la stessa associazione. Una rivoluzione!

Impossibile negare ancora l’esistenza stessa della mafia. Ma Cosa nostra è criminalità organizzata non soltanto di tipo gangsteristico-­predatorio. All’elenco sconfinato delle attività riconducibili a questa categoria (traffici di droga, armi, rifiuti tossici, esseri umani; estorsioni; gioco d’azzardo; contraffazioni; appalti truccati; corruzione eccetera) si devono aggiungere quel­le, del pari criminali, che si collocano sul…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.