Un’ondata di emozioni contrastanti invade l’Italia all’annuncio dell’Accademia di Svezia, un giorno di ottobre di venticinque anni fa: Dario Fo ha vinto il premio Nobel per la letteratura. Una notizia clamorosa: un guitto, un giullare, un comico, viene insignito del riconoscimento letterario più prestigioso al mondo.
Lo stesso Fo, nel discorso della premiazione, si rivolge così agli Accademici di Svezia: “Il Vostro è stato davvero un atto di coraggio che rasenta la provocazione”, ricordando subito dopo “il putiferio che ha causato” l’assegnazione di quel premio.
In Italia infatti, mentre moltissimi gioiscono, portando orgogliosamente in tripudio il grande Dario, c’è anche chi storce il naso. Da intellettuali come Mario Luzi, – candidato in pectore al Nobel al posto di Fo, che parlò di “schiaffo alla cultura italiana”, aggiungendo: “che fosse un grande teatrante, lo sapevo. Che fosse anche uno scrittore, vengo a saperlo ora”, – al mondo della politica – Gianfranco Fini, per dirne uno, dichiarò: “è una vergogna, ma cosa ha dato mai Dario Fo alla letteratura italiana o mondiale?”, – fino alla riprovazione ecclesiastica, con l’Osservatore Romano che sbottò: “il premio a un attore che è anche autore dei suoi discussi testi (a prescindere da ogni considerazione morale) ha superato ogni immaginazione”.
Perché quelle reazioni così aspre e critiche?
La risposta credo vada ricercata nella motivazione del Nobel, che così recita: “A Dario Fo, che nella tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere per restituire dignità agli oppressi”.
In fondo, in questa frase c’è tutta la storia di Fo, il suo impegno politico (nel senso più nobile del termine) e i fondamenti della sua arte. Gli Accademici di Svezia sottolineano infatti come le radici del suo teatro s’inoltrino fino al Medioevo, in un mondo di teatralità diffusa dominato dalla figura del Joculatores (da Jocus, gioco), da cui appunto il termine “giullare”.
Non possiamo capire Fo e neppure le critiche a lui rivolte, senza sapere chi fossero questi professionisti dello spettacolo a cui il guitto di Sangiano s’ispirava: attori, mimi, acrobati, giocolieri, saltimbanchi e cantastorie che dominarono il mondo teatrale a partire dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C), il cui stile, tecnica e contenuti sono del tutto simili al Fo del Mistero Buffo<…