Da tanto tempo mi affanno intorno ai temi del femminile, del genere, della violenza nel doppio versante biologico e culturale e quindi – necessariamente – del femminicidio; con la parallela frustrazione di constatare che tanto impegno psicologico e sociale da parte di molti intorno a tale devastante fenomeno, diffuso in tutto il mondo, produce così pochi risultati sul piano della realtà.
Aggiungo che ogni volta che ne parlo o ne scrivo ci tengo a dire quanto mi manca, e quanto manca a loro stessi, una riflessione esplicita da parte degli uomini su questi temi; una onesta ricerca – al di là del generico ma sbrigativo dissenso – tesa a capire perché tanti maschi di diversissima età, istruzione, nazionalità tradizione culturale, orientamento politico, continuino a uccidere le loro donne (mogli, figlie, fidanzate, amanti) quasi sempre trascinando poi anche se stessi nelle tragiche e irreparabili conseguenze del delitto, dal suicidio alla condanna giudiziaria.
Forse alla base di tale ostinato silenzio c’è l’imbarazzo, il timore di essere ingiustamente attaccati in ragione della generica appartenenza al gruppo dei maschi; e forse la disapprovazione dei gesti criminali è solo di superficie, a coprire disinteresse o addirittura una persistente ostilità verso l’altro sesso. Ma anche tali ipotesi – giuste o sbagliate che siano – le formulano solo le donne.
Così da oltre mezzo secolo si accumulano studi e pensieri femminili sulle questioni dell’identità di genere e del potere. E sono pronta ad ammettere che magari sono troppi, che non ogni idea espressa in proposito è buona, valida o meritevole di consenso. Ma il punto è proprio questo: non smettiamo di provarci, mentre per contro gli uomini continuano a stare in silenzio. Non ci sono né libri né dibattiti, neppure critici o polemicamente negativi. Sembra non sentano alcun bisogno di capire se stessi e ciò che di irrisolto nel rapporto uomo-donna ci tiriamo dietro dal secoli. Non voglio certo ignorare che ci sono alcuni, anzi molti positivamente impegnati a ben operare e a proteggere i diritti delle loro compagne, ma al di là della generica presa di distanza dalle mentalità retrive, non sembra ci sia l’esigenza di capire perché tanti loro simili continuano a uccidere selvaggiamente anche a costo di distruggere le loro stesse vite. Come se non farlo li esponesse a qualcosa di ancora peggiore e intollerabile. (Mi sembr…