La costruzione di uno Zar. La Russia a vent’anni dalla strage del Teatro Dubrovka

Come l’eccidio nel teatro moscovita ha rappresentato un giro di boa nella trasformazione autoritaria della Russia, soprattutto dal punto di vista delle libertà civili e di espressione e, oggi, di uno Stato sempre più aggressivo militarmente.

Mosca, serata del 23 ottobre 2002.

Durante il secondo atto del musical patriottico “Nord-Ost”, un commando di fondamentalisti islamici indipendentisti ceceni prese in ostaggio il pubblico e il personale del Teatro Dubrovka (circa ottocentocinquanta persone), trincerandosi nella struttura e minando con esplosivo ad alto potenziale gli ingressi. I sequestratori, circa una cinquantina di cui la maggioranza donne, erano equipaggiati con armi ma soprattutto con cinture esplosive e consegnarono ai media una videocassetta di richieste politiche, chiedendo l’immediato ritiro delle truppe russe dalla Cecenia.

Dalla fine del 1994 la Russia (al tempo guidata da Boris Eltsin) aveva cominciato, infatti, un’aspra guerra per la riconquista dell’autoproclamata “Repubblica Cecena di Ichkeria”. Uno scontro che inizialmente si era concluso con una parziale vittoria cecena (1996), ma che era ricominciato nell’estate del 1999 con un muscolare nuovo intervento russo, appena una ventina di giorno dopo la nomina del quasi sconosciuto Vladimir Putin a primo ministro della Federazione Russa e della sua informale designazione a successore di Eltsin.

Dalla metà del 2000 la Russia aveva praticamente riconquistato la repubblica ribelle, ma era nato nella zona più montuosa della regione caucasica un combattivo fronte guerrigliero indipendentista con una forte componente fondamentalista islamica. Dal 2000 (al 2004) era cominciata inoltre una strategia terroristica indipendentista parallela fatta di attacchi kamikaze dentro e fuori il territorio ceceno; l’azione al Teatro Dubrovka fu la più nota.

A partire dalla sera del 23 ottobre 2002, gli occhi del mondo si accesero sulla Russia (e sul conflitto ceceno) nonostante il tentativo di Mosca di far filtrare meno informazioni possibili.
Delle pseudo trattative andarono avanti per due giorni, momenti in cui influenti personaggi pubblici provarono inutilmente ad autocandidarsi come negoziatori: dall’ex-leader sovietico Gorbacev al popolarissimo cantante Kobzon, dal leader dell’opposizione Javlinskij alla vicepresidente dalla Duma Chakamada.

Contemporaneamente i sequestratori, sempre più accerchiati, provarono a instaurare delle trattative rilasciando alcune decine di ostaggi, mentre nelle traballanti interlocuzioni tra le parti si impegnarono in prima persona giornalisti indipendenti come Mark Frachetti o Anna Politkovskaja.

Nulla da fare. Nella notte del 26 ottobre le forze speciali russe espugnarono il Teatro: dopo combattimenti durati ore, preceduti da un massiccio (e controverso) attacco con gas. La vicenda si concluse con un bilancio di quasi …

La libertà accademica negata dal fanatismo filo-israeliano tedesco. Intervista a Nancy Fraser

A Nancy Fraser è stato impedito di tenere un ciclo di conferenze all’Università di Colonia. Sebbene il tema designato fosse il lavoro nella società capitalista, alla filosofa è stato proibito di parlare per aver firmato la dichiarazione “Philosophy for Palestine”. Una violazione della libertà accademica frutto di quello che Susan Neiman ha definito il “maccartismo filosemita” della Germania, Paese in cui ormai ogni voce critica nei confronti di Israele viene messa sistematicamente a tacere.

Nuova questione morale: la sinistra e il fantasma di Berlinguer

A sinistra si continua a citare Berlinguer e a sbandierare il tema della questione morale. Ma i recenti fatti che hanno travolto la giunta regionale di Michele Emiliano ci ricordano che nel sistema Italia il marcio è diffuso ovunque, a partire dalle realtà locali. Non si può risanare tutto il sistema politico nel suo complesso ma a sinistra ci si può impegnare partendo da casa propria, cercando di costruire un nuovo autentico soggetto progressista anziché puntare ai “campi larghi”.