Potrebbe sembrare pop, ma per una ragione o per l’altra quando si parla di fisica si finisce sempre per fare riferimento a Einstein.
Il 4 ottobre scorso l’Accademia Reale svedese delle scienze ha assegnato il premio Nobel per la fisica 2022 allo statunitense John F. Clauser, al francese Alain Aspect e all’austriaco Anton Zeilinger per i loro “esperimenti sui fotoni entangled”, si legge nella motivazione ufficiale, “che hanno stabilito la violazione delle disuguaglianze di Bell e hanno posto le fondamenta per la scienza dell’informazione quantistica”.
Per capire cosa significhino le parole del comitato del Nobel di Stoccolma, occorre partire proprio da Albert Einstein, da tutti conosciuto come padre di una delle più spettacolari rivoluzioni scientifiche, che per spiegare il comportamento e il moto dei corpi celesti è riuscita ad andare oltre niente meno che alla fisica di un gigante come Isaac Newton, inglobando la sua teoria gravitazionale in una visione più ampia, anche se del tutto controintuitiva: la teoria della relatività, appunto.
Spesso non si ricorda che Einstein è stato però anche tra gli scienziati che a inizio ‘900 hanno dato il via a un’altra rivoluzione scientifica, quella della meccanica quantistica. Il 1905 fu l’annus mirabilis in cui il fisico tedesco a soli 26 anni pubblicò 4 articoli che cambiarono il mondo. Due erano sulla relatività, uno sul moto browniano (e dimostrava l’esistenza degli atomi prima che gli atomi venissero osservati), mentre un altro era sul cosiddetto effetto fotoelettrico. Quest’ultimo, che valse ad Einstein il Nobel per la fisica nel 1921, suggeriva che la luce si propaga non come un flusso continuo ma piuttosto in quantità discrete: in quanti di energia. Oggi è considerato uno dei testi fondanti della fisica quantistica.
Una delle ragioni per cui nell’immaginario comune Einstein non viene associato alla meccanica quantistica ha probabilmente a che fare con il fatto che Einstein stesso non era convinto della veridicità di questa teoria.
Quegli anni videro dispiegarsi uno dei dibattiti scientifici più incredibili di sempre, con la comunità dei fisici divisa sulle interpretazioni da dare a risultati che sfuggono al senso comune. Di Einstein rimarrà celebre la frase “dio non gioca a dadi” riferita al comportamento intrinsecamente probabilistico delle particelle descritte dalla meccanica quantistica: non poteva accettare che la realtà fosse indeterminata, o meglio non deterministica, al suo livello fondamentale. Oggi sappiamo che l’interpretazione corretta era quella di Copenhagen, città del fisico Niels Bohr. A differenza di Einstein, quest’ultimo accettò senza esitazioni quella che ancora oggi sembra una realtà inafferrabile nelle sue componenti ultime e fondative.
Bohr, Einstein, Heisenberg, Schrödinger e altre menti eccelse furono i protagonisti della prima rivoluzione quantistica, mentre la seconda la stiamo vivendo proprio adesso, tra fine XX e inizio secolo XXI, e il Nobel per la fisica 2022 ne è il pieno riconoscimento. La prima …