La biodiversità è indispensabile alla sopravvivenza umana

Carlo Rondinini, biologo e zoologo della conservazione, docente dell’Università La Sapienza, in questa intervista spiega perché dobbiamo preservare con la massima cura la biodiversità per continuare a garantirci la vita su questo pianeta. Il nascente National Biodiversity Future Centre si propone di unire la comunità scientifica in questa missione.

Il Living Planet Index (LPI) è uno strumento che monitora l’abbondanza e la salute della biodiversità a livello globale, grazie a un bacino di dati che riguarda quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati. Il Living Planet Report 2022 è stato pubblicato qualche settimana fa dal WWF e parla in modo chiaro e preoccupante: in media, a livello globale, le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci, sono diminuite in 50 anni del 69%, e il dato risulta ancora più inquietante se si pensa che, nello stesso intervallo di tempo, la nostra specie è raddoppiata e gli esseri umani sono passati da quattro a otto miliardi.

Il problema del declino della biodiversità è più attuale che mai ed è necessario che governi, imprese, istituzioni e singoli individui se ne prendano carico e comincino ad agire. Sul tema ho posto qualche domanda a Carlo Rondinini: zoologo e biologo della conservazione, professore ordinario all’Università la Sapienza di Roma, è il coordinatore del Global Mammal Assessment. Gestisce, inoltre, la produzione della Red List globale dei mammiferi per conto della IUCN (Unione mondiale per la conservazione della natura) e ha partecipato a diverse valutazioni dello stato globale della biodiversità per conto della CBD (Convenzione sulla Diversità Biologica) e dell’IPBES (Piattaforma Intergovernativa per la Biodiversità e i Servizi Ecosistemici).

Perché il declino della biodiversità è un problema e perché la sua conservazione è importante? Il primo punto è la rapidità: “la perdita di biodiversità che stiamo osservando adesso avviene a dei ritmi che sono innaturalmente alti rispetto al normale livello di turnover delle specie che si è osservato nel corso dell’evoluzione sulla terra”, risponde Rondinini.

Siamo noi i responsabili del declino della biodiversità
Immediatamente il pensiero va alle estinzioni di massa, “The big five”, periodi evolutivi durante i quali “le estinzioni sono avvenute a un tasso molto più alto rispetto a quello basale osservato normalmente”. La velocità delle estinzioni che osserviamo oggi “quantomeno si avvicina a quella delle cinque estinzioni di massa precedenti”, con la sostanziale differenza che moltissime delle estinzioni di cui siamo testimoni “sono di origine antropica, dovute all’azione dell’uomo”. I modi in cui la presenza umana sul pianeta influisce sul declino della biodiversità sono diversi: quello ineludibile è l’aumento della popolazione e, di conseguenza, dei consumi pro-capite “che, nonostante un evidente squilibrio tra le parti più o meno ricche del mondo, sono aumentati ovunque”.  La somma di questi due fattori “riduce la quantità di risorse che sono disponibili per altre specie”. Si aggiungono cause che potremmo def…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.