L’energia rinnovabile è una grande occasione per la democrazia

Che il futuro di noi tutti sia nelle rinnovabili è scontato. Tuttavia, il processo che ci porterà a costruirlo non può essere una rivoluzione ma una transizione: serve tempo per accrescere e consolidare gli avanzamenti tecnologici necessari per dare stabilità e flessibilità al sistema, per riscrivere le regole, con l’auspicio di non creare nuovi monopoli ma liberare iniziative ed energie dal basso.

L’altro giorno, in coda alla lezione del corso di Fisica Tecnica Ambientale, un gruppo di studenti si è intrattenuto per farmi alcune domande, tra queste se e come è possibile proteggere le case dalle radiazioni. Ho risposto pensando si riferissero all’oggetto della lezione, l’irraggiamento termico, il sole, la luce. Invece mi hanno incalzato chiedendomi delle radiazioni ionizzanti (quelle sprigionate da una bomba atomica) manifestando così i loro timori legati alle conseguenze di un conflitto nucleare. Questi ragazzi, poco più che ventenni, temono per il loro futuro: la guerra, la crisi economica incombente, i disastri ambientali, le incognite di una vita da vivere fra molte incertezze. Da professore ho detto loro di continuare a costruirsi una preparazione scientifica che gli dia la giusta consapevolezza dei problemi, uno spirito critico che li possa guidare, senza scoraggiarli, a costruire una società migliore. Ognuno con il suo contributo. Il punto di partenza è però sempre, per loro e per tutti, quello dell’esperienza, personale e collettiva, basata sui fatti. La conoscenza della storia, degli eventi passati e delle loro conseguenze costruisce la capacità di analisi, preservandoci sia dagli allarmismi, sia da pericolose sottostime. Cerchiamo quindi di comprendere meglio cosa c’è dietro l’attuale “crisi energetica”: le sue radici, le politiche e gli eventi che l’hanno determinata. Inoltre ci chiediamo: le azioni che i governi stanno attuando sono sufficienti a limitarne gli effetti? Soprattutto, sono adeguate a mantenere quanto sinora pianificato in termini di trasformazione radicale del settore?

La mia generazione (fra i baby boomer e la Gen X) è stata solo spettatrice, spesso lontana, di guerre, carestie e crisi catastrofiche e ha attraversato cinque decenni di grandi trasformazioni. La crescita economica, che ha contribuito a un incremento (seppur parziale) del benessere collettivo, si è accompagnata a uno sfruttamento dissennato delle risorse naturali esauribili. Il neoliberismo ha progressivamente spostato il primato dell’iniziativa economica dal pubblico al privato, ha svalutato il lavoro ed elaborato politiche restrittive di lotta all’inflazione. È, di contro, cresciuto e maturato un pensiero ambientalista, con varianti ideologiche o pragmatiche, che ha fondato molte delle sue tesi su evidenze scientifiche sempre più preoccupanti sul futuro del pianeta. La scienza ha elaborato modelli per interpretare i fenomeni climatici ed ambientali ma ha anche prodotto un portentoso sforzo di innovazione, mirato allo sviluppo di tecnologie finalizzate ad un uso più razionale delle risorse ambientali ed energ…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro, la sinistra si è appiattita su posizioni monetariste e ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.